IMPRUNETA – “Sto bene via, sento dolore al gomito fasciato, mi hanno dato una prognosi di sette giorni e messo un bendaggio semirigido. Ma sto bene”.
Ce lo dice l’ex sindaco di Impruneta, Alessio Calamandrei, che vive in centro a Firenze e che ieri, mercoledì 24 settembre, è stato aggredito.
Lo ha raccontato lui stesso in un post, affidato ai suoi canali social: “Qualcosa non sta funzionando – inizia Calamandrei – Esco con amici per un aperitivo, pieno centro (via Martelli), mentre stiamo parlando del più e del meno un “umano” tira una bottiglia di birra contro il portone della chiesa di San Giovannino dei Padri Scolopi (via Martelli angolo via dei Gori) che ovviamente va in mille pezzi”.
“Non contento – prosegue – rovescia in strada due cestini del sudicio (che pesano un quintale l’uno) in mezzo di strada, inveendo contro non so chi o cosa, e proseguendo la sua strada”.
“Io non riesco a girarmi dall’altra parte – ammette – Prendo il telefono chiamo il 112, mi alzo dal tavolino, e seguendolo a distanza racconto l’accaduto al 112. Il tizio insospettito si gira mi viene incontro, e inizia ad offendere, parte l’alterco. Sempre mentre sono al telefono col 112, mi prende a seggiolate (recuperata dai tavolini di Eitaly) sulla schiena e sul braccio”.
“Arrivano due volanti – racconta ancora – una lo perquisisce e lo porta via, l’altra prende dichiarazioni, documenti, e testimonianze”.
“Risultato – dice Calamandrei – dopo nemmeno un’ora lui è nuovamente in via Martelli (fotografia inviata dall’amico barista dove stavamo facendo l’aperitivo), a godersi il primo frescolino autunnale, e io al pronto soccorso di Santa Maria Nuova con un gomito che sembra un pallone”.
“In questo sistema – riflette l’ex sindaco imprunetino – volenti o nolenti, qualcosa non sta funzionando… . E sto (purtroppo) iniziando a capire (ma sempre difficile da accettare), chi si gira di continuo dall’altra parte”.
“Unica nota positiva – sottolinea – quattro ragazzetti, passando davanti ai cestini rovesciati, li hanno ritirati su, senza domande, continuando a parlare fra loro, come fosse un gesto dovuto. Abbiamo ancora un po’ di speranza. Forse”.
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