SAN CASCIANO – Un triste giorno quello martedì 17 novembre: Pietro Bellosi, conosciuto da tutti semplicemente come “Piero”, è venuto a mancare all’età di 84 anni.
Personaggio unico nel panorama della sinistra sancascianese. Ha lasciato una traccia indelebile nei tantissimi che hanno avuto modo di conoscerlo e apprezzarlo.
Nato nel comune di Montespertoli, nella frazione delle Fornacette, la famiglia si trasferisce nel comune di San Casciano nel 1939, in località Calzaiolo.
Erano mezzadri nel podere Erta, sul versante che “guarda” San Vito. Una famiglia formata dal babbo, Pasquale Bellosi, dalla mamma Giulia Vannini, tre figli maschi e due femmine.
All’età di 13 anni entra in un collegio a Firenze: uscirà a 21 anni, diplomato come perito industriale. Per poi entrare alla Nuovo Pignone Industrie Meccaniche e Fonderia Spa.
Nel tempo libero la sua passione era il calcio, tanto che riesce a giocare come portiere nella Sancascianese.
Iscritto al Partito Comunista entra nel consiglio comunale nelle fila di Rifondazione Comunista dal 1995 al 1999.
E’ stato tra i soci fondatori della casa del popolo di San Casciano e, in seguito, del circolo Arci del Bargino.
Tanti i ricordi di chi lo ha visto impegnato alla Festa dell’Unità nel Piazzone, a San Casciano: nel frequentatissimo (ai tempi) gioco della ruota scandiva lui i tempi e la vendita dei biglietti.
E fu Piero, durante l’alluvione del 4 novembre 1966, a essere l’ultimo a oltrepassare il ponte sul torrente Pesa, al Calzaiolo.
Un’esperienza che ci aveva raccontato: “La notte di giovedì 3 novembre 1966 tornavo in auto a casa dopo essere stato a vedere un film al cinema Niccolini di San Casciano; arrivato poco prima del ponte la strada era già invasa dall’acqua, la Pesa stava tracimando. Furono momenti d’incertezza, non sapevo se tornare indietro o continuare, poi decisi. Diedi un’accelerata e attraversai il ponte lasciando l’auto poco più su in via San Vito. La mattina dopo scendemmo per vedere la situazione, l’acqua aveva una violenza incredibile, tanto che portò via il primo pezzo del ponte, quello dalla parte del Calzaiolo. A un tratto si sentì un forte boato, dopo pochi secondi era rimasto solo un troncone”.
Una vita vissuta nel bel mezzo dei cambiamenti della storia quella di Piero. Con un drammatico episodio legato alla seconda guerra mondiale.
Il 1944 fu infatti l’anno che ha segnato la sua vita. Aveva otto anni. Ecco il racconto che ci fece nel febbraio 2008.
“Una mattina i tedeschi in ritirata si fermarono nella nostra casa, erano talmente stanchi che si buttarono a dormire per terra. Noi allora andammo a rifugiarci nel bosco, all’interno di un rifugio scavato in un dirupo, a circa 200 metri da casa. Eravamo io, i miei fratelli e mia sorella, insieme ad altre persone del Calzaiolo.
Durante la notte i tedeschi fecero saltare il ponte al Calzaiolo e l’altro sul torrente Pesa, chiamato della “distilleria”. La mattina dopo un contadino venne a chiamarci dicendo che erano arrivati gli americani a San Vito. Vivemmo momenti di gioia alla notizia.
Nel frattempo i tedeschi se ne erano andati dalla nostra casa e, al loro posto, arrivarono quattro neozelandesi più una famiglia sfollata, i Bandinelli. Ricordo che la mamma gli preparò i pomodori con la carne delle scatolette dei neozelandesi.
Era il 26 luglio 1944: a un certo punto sentimmo lo scoppio delle bombe, uscimmo fuori impauriti, stavano bombardando San Casciano. I neozelandesi ci dissero di rientrare in casa, finimmo così di mangiare, poi tornammo nel rifugio nel bosco.
Non tutti però: in casa rimasero il babbo, la mamma, mia sorella Graziella di tre anni, Eugenio Bandinelli e i soldati.
Nel pomeriggio mio fratello e uno della famiglia Bandinelli decisero di tornare a casa per prendere la merenda: arrivò per primo mio fratello Dino, quando giunse sulla porta vide il babbo seduto sulle scale, tutto polveroso e insanguinato. Erano morti tutti.
Una bomba era caduta in casa sfondando tre pareti, e battendo in una trave scoppiò. Sotto i detriti rimasero mia mamma Giulia, mia sorella Graziella, Eugenio Bandinelli e due neozelandesi, mentre gli altri due si salvarono perché erano rimasti fuori dalla casa.
I soldati portarono il mio babbo Pasquale fino all’ospedale civile di Siena, ma a causa delle gravi ferite riportate morì il 28 agosto dopo che gli era stato amputato un braccio. Dopo un anno anche mia sorella Nadia, di 19 anni, si ammalò e mori”.
Di questa storia si è interessato anche il comitato per la Memoria “Progetto Irene” con un video dal titolo “La guerra vista con gli occhi di un bambino: Storia di Piero Bellosi”.
Ma Piero Bellosi, uomo di umiltà e bontà uniche, non lascia solo questi tristi ricordi. La sua casa è uno scrigno pieno di libri, fotografie, giornali. Che da oggi passeranno ai nipoti, sempre molto legati allo zio Piero.
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