CHIESANUOVA (SAN CASCIANO) – Salvatore Petrucciani, facente parte della grande famiglia dell’arte presepiale napoletana, nella sua bottega nella via di San Gregorio Armeno, a Napoli, dice: “Sono un artigiano! Divento artista quando la gente guarda e apprezza quello che realizzo”.
Questa è la massima, il motto che da oltre 100 anni riecheggia fra i tanti negozi dei maestri che si sono insediati in questo luogo magnifico; che ogni turista o appassionato della città partenopea vuole visitare.
Ma l’arte dei Petrucciani è così evidente che anche il profano può capire la differenza fra le sue statuine e quelle degli altri.
Il suo laboratorio è uno dei più conosciuti per la produzione di pastori, personaggi ed accessori per la realizzazione dei presepi napoletani in arte povera realizzati in terracotta.
Questi personaggi in terracotta vengono realizzati da antichi stampi della famiglia, tramandati di padre in figlio, da nonno a nipote, con grande perizia e passione.
Nella mostra “Presepi d’Europa” di Chiesanuova, aperta da domenica 8 dicembre fino al 6 gennaio, forse è proprio questo presepe ad essere portabandiera di un’Italia che non esiste più ma che è ancora radicata alle tradizioni.
Il presepe che viene ammirato dal pubblico è come quello della famosa commedia scritta dal grande attore e drammaturgo Eduardo De Filippo, portata in scena in atto unico per la prima volta il 25 dicembre del 1931 al teatro Kursal, a Napoli: “Natale in Casa Cupiello”.
Quando si pensa al presepio viene subito alla mente la famosa frase shakespeariana, tormentone al pari di “Essere o non essere”, e pronunciata da Eduardo al figlio: “Te piace o’ Presepe?”. Che con tanto amore orgoglio e tradizione aveva allestito nella fatiscente casa napoletana.
E con grande disappunto puntualmente il figlio risponde uno sprezzante… “No”, con grande dispiacere del padre.
Ecco, i personaggi che lo popolano e lo animano non sono ricchi di velluti o sete di San Leucio del Settecento, ma piccole statuette dipinte rigorosamente a mano in terracotta che assumono nelle loro sembianze i popolani dell’epoca settecentesca.
Contadini, uomini con panciotti e scarpe con fibbie, popolane con grandi vestiti e bottoni dorati; e guardando i loro volti, leggermente caricaturali, sono tutti sprizzanti di felicità per quel giorno speciale, per la nascita in un “fondo” di una modesta casa (e non nella capannuccia) del bambino Gesù.
Stessa cosa che suscita in noi nel vedere il presepio, fonte di unione fra sacro e profano, con le case e i mestieri che riassumono i mesi dell’anno, significati cabalistici, di intensa storia della vita quotidiana.
Ma che, nello stesso tempo, incute pace e tranquillità: creando un’atmosfera rilassante, nobile, e fantasiosa. Come quella del Santo Natale che ognuno si ritaglia a propria immagine.
In questo presepio, in mostra a Chiesanuova fino al 6 gennaio, fra gli oltre 60 personaggi “in scena”, se ne scorgono due particolari (ed è bello scoprirli con gli occhi della fantasia).
Il grande Totò e il cuore di Napoli, l’emblema principe della città partenopea, Pulcinella; che con in mano un grande corno rosso allontana guai e introduce all’anno nuovo.
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