SAN CASCIANO – Quando i sogni si realizzano in concomitanza con il Natale, la gioia è ancora più grande, perfino per chi scrive.
Undici anni fa una signora, segnata da una vita non facile, venne colpita da un altro grande dispiacere, la morte del marito.
Di punto in bianco si ritrovò così sola, in un’abitazione nei pressi di Montefiridolfi, per cui non poteva più pagare l’affitto perché l’unico stipendio, giusto per tirare avanti, era quello che percepiva il marito.
Pertanto arrivò lo sfratto e, nel tempo, quello esecutivo con le forze dell’ordine. La signora si trovò così sola con il suo cagnolino, sotto un tetto di stelle. Per un po’ girovagò intorno a Mercatale, dove capitava.
Fu impossibile per lei trovare una sistemazione lì, così undici anni fa s’incamminò verso San Casciano, trovando riparo sotto il loggiato della Pieve di Decimo. Dove un giorno, girando l’angolo, le sembrò di trovare la soluzione ai suoi problemi.
Nel campo adiacente alla Pieve c’era una struttura nata come rimessa agricola, una sorta di roulotte che in precedenza aveva ospitato un altro senza tetto. In quel momento vuota.
Le sembrò la soluzione giusta per la sua vita, così decise che quella sarebbe stata la sua nuova dimora. Senza acqua, né luce non poteva però essere certamente la soluzione al suo dramma.
Ben presto sia il parroco che i residenti cercarono di aiutarla. Ma, si sa, non è per niente facile aiutare persone che hanno perso tutto e tra questo, anche la fiducia nel prossimo che non sempre è visto come un amico.
Anche il Comune di San Casciano si era mobilitato per dare una casa alla signora ma, qualsiasi proposta e soluzione per farla venire via da lì veniva rifiutata. Ladonna si ostinava a stare in quella che negli anni aveva creato come una fortezza inespugnabile, riuscendo a superare il grande caldo, l’acqua, il gelo, persino la neve.
E inutile era stato l’aiuto del parroco: che prima le aveva messo a disposizione alcune stanze, che puntualmente aveva rifiutato. Così dalla canonica, con tanta pazienza e tanta buona volontà, il parroco riuscì a stendere un lungo filo della corrente portandole una stufa. Ma niente, lei viveva lì nel suo mondo e non accettò nemmeno un po’ di quel caldo.
La notte perfino i cinghiali arrivavano a raspare tutto intorno a quello che era diventato un vero bunker.
Poche settimane fa la svolta: non era assolutamente più possibile che continuasse a vivere in tali condizioni, così si sono presentati i proprietari del terreno, gli assistenti sociali, i volontari del “Centro di Ascolto”, la polizia locale. E anche una ruspa.
All’inizio la signora ha rifiutato di uscire, non voleva saperne di dover abbandonare il tutto: per andare dove? C’è voluta una volontaria che conosceva bene per convincerla a uscire.
Così presi i due gatti e davvero poche cose si è finalmente fatta aiutare, mettendosi nelle mani degli assistenti sociali che l’hanno fatta salire in auto per la nuova destinazione: due stanze a Mercatale.
Appena allontanata, la ruspa è entrata in azione abbattendo quel bunker fatto di ferri, legna, plastica e tanti oggetti trovati nel corso di tutti questi anni.
Siamo andati a trovare la signora allla vigilia di Natale. Ci ha accolto in quella che oggi è la sua nuova casa, al momento spoglia, ma dignitosa, con luce, acqua, gas, un bagno, il riscaldamento.
STELLA VIVEVA QUI – Anche con la neve
Come si sente?
"Meglio di dove mi trovavo. Anche se devo dire che è stato un trauma lasciare quel posto, ma riconosco che non era davvero più possibile vivere in una simile situazione".
Siamo andati a vedere dove stava: ma com’è riuscita, ci scusi, a sopravvivere?
"Mi ero abituata. Sa che la prima notte che ho passato qui ho avuto un gran mal di testa e vomito… . Adesso? No, è passato tutto".
L’importante adesso è che può vivere in una vera casa. I suoi vicini?
"Per il momento non conosco nessuno, ma per quello che ho visto mi sembrano brave persone".
La lasciamo dopo una stretta di mano, la persiana si richiude e sentiamo mettere le mandate alla porta, una, due, tre.
Sembra lontano il tempo in cui come porta aveva un cancelletto di legno tenuto chiuso con un filo e come porte della plastica fermata alla meglio. Al di là il buio, un materasso, secchi per l’acqua, e per compagni due gatti e un cane.
Quel cane che gli è stato vicino per anni, che oggi non c'è più. Può sembrare una favola la vita di questa donna, che oggi è tornata a vivere in tutta la sua dignità: caparbia è vero, ma finalmente oggi fra un tetto e delle mura.
di Antonio Taddei
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