Abitava a San Casciano. E nella sua casa, da cui era impossibilitata a uscire a causa della malattia, erano tante le persone che andavano a portarle una parola di conforto. Ma anche a pregare.
Perché lei, “Cate”, così la chiamavano gli amici, era una donna di fede. Non si è rassegnata a quel tremendo male che aveva scoperto quando era in attesa del secondo figlio.
Proprio lei, che tra l’altro era medico all’ospedale Meyer di Firenze, sapeva bene quanto fosse difficile sconfiggerlo: aveva così portato avanti la gravidanza con le migliori cure compatibili.
Non si è scoraggiata nel chiedere e far chiedere a Dio di aiutarla. Era nato anche un gruppo Whatsapp, un centinaio di persone che 24 ore su 24 recitavano un Rosario.
Non solo dall’Italia, ma anche dagli Stati Uniti, dalla Georgia, dal Guatemala. In tanti conoscevano Caterina, anche perché faceva parte della Fraternità di Comunione e Liberazione.
Nonostante l’aggravarsi delle sue condizioni, non rinunciò ad affrontare pellegrinaggi a Lourdes e a Medjugorje.
E ormai su una sedie a rotelle, accompagnata da suo marito Jonata, non volle mancare il 7 settembre 2018 al pellegrinaggio “Associazione in cammino” della Rificolona, dall’Impruneta a Firenze.
Ed è di Caterina il disegno riportato sia sul vessillo che su una medaglietta, dove aveva disegnato la Madonna che tiene il Bambino e una freccia verso la croce: medaglietta che diventerà il simbolo e il logo delle future fiaccolate. Arrivati a Firenze commovente fu l’abbraccio tra lei e l’arcivescovo Giuseppe Betori.
Tra i tanti suoi desideri, cosciente che la malattia andava avanti nonostante le cure, Caterina ha voluto realizzare il sogno della sua bambina, che desiderava che la mamma fosse presente alla sua Comunione. Così il 26 gennaio 2019 Gaia è passata a Comunione. Accanto a lei la sua mamma.
“Il Signore mi ha tenuta qua perchĂ© dovevo essere presente alla Comunione e realizzare un altro desiderio per Giacomo” disse Caterina con tanta gioia.
Negli ultimi giorni di vita sono stati in tanti a varcare la porta della sua casa a San Casciano: genitori, fratelli, parenti, amici, conoscenti. E i sacerdoti che, come aveva chiesto, andavano a dire lì la Santa Messa portandole la Comunione.
In particolare padre Gabriele della Santissima Annunziata ebbe a dire: “In questa casa c’è un pezzo di paradiso”.
“Il mio funerale deve essere una festa, una gioia, perchĂ© io vado da GesĂą” aveva detto Caterina. E così, poco prima che chiudesse gli occhi, nella sua stanza oltre ai canti religiosi è stato cantato perfino l’inno della Fiorentina, di cui lei era tifosa.
In tantissimi erano presenti al suo funerale celebrato a Firenze, in Santissima Annunziata: alla fine sono stati fatti anche dei fuochi d’artificio.
A qualcuno può sembrare una cosa che “stona” per un funerale, ma non per Caterina e per tutti quelli che l’hanno conosciuta. Che hanno fatto sì che quel giorno si trasformasse in una festa: come lei aveva chiesto.
Una storia piena d’amore e di fede, che qualcuno ha portato all’attenzione del Vaticano. Ed è in atto un percorso del quale, appena ci saranno novitĂ , vi daremo senz’altro conto.
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