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lunedì 16 Giugno 2025
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    La mensa scolastica è un obbligo o un diritto? La riflessione

    Il nuovo inizio dell’anno scolastico, oltre a riproporre le solite polemiche sul reclutamento degli insegnanti, l’assegnazione dei posti, e il perpetrarsi del precariato, ha portato una questione giuridica nuova che si è posta all’attenzione delle cronache nazionali ed è sicuramente degna d’interesse per le famiglie e per il loro bilancio.

     

    L’occasione che ha fatto nascere la nuova questione, è nata da un ricorso presentato davanti al Tribunale di Torino da alcuni genitori di alunni iscritti alla scuola primaria.

     

    Costoro hanno chiesto fosse riconosciuto loro il diritto di fare consumare ai propri figli pietanze di loro scelta e provenienti dall’esterno, all’interno della scuola.

     

    La risposta del Tribunale di Torino è stata positiva, ma giunge dopo una lunga battaglia giudiziaria che appare opportuno ripercorrere in estrema sintesi.

     

    Il percorso giuridico che ha portato, per ora, al “riconoscimento” di un diritto che dovrebbe essere considerato insito nell’idea di scuola inferiore gratuita fissata dalla costituzione1, trova le sue origini, come ogni diritto “nuovo” da un fatto storico: un bando del 2013 emesso dal comune di Torino con il quale è stato assegnato il servizio di refezione scolastica e sono state approvate tariffe per l'anno scolastico 2013/2014.

     

    Il contenuto del bando, e le tariffe per il servizio che derivate dalla sua approvazione, hanno spinto molti genitori a non condividere il provvedimento e ad impugnarlo davanti al TAR del Piemonte, evidenziando vizi procedimentali e di manifesta incongruenza, tra cui il costo sproporzionato del servizio di refezione.

     

    Il Tribunale Amministrativo Regionale, però, con la sentenza n. 1365 in data 10 luglio 2014, ha respinto il ricorso, ritenendo che l’azione proposta dei genitori fosse diretta a far accertare un diritto soggettivo, e che pertanto potesse essere decisa soltanto da un Tribunale ordinario.

     

    Dopo la prima risposta sfavorevole che tuttavia indicava chiaramente la strada da percorrere, i genitori non hanno demorso e si sono rivolti al Tribunale ordinario, chiedendo che il medesimo accertasse il «diritto di ciascun genitore di scegliere per i propri figli, frequentanti le scuole primarie e secondarie di primo grado, tra la refezione scolastica ed il pasto domestico, consentendo ai minori la possibilità di consumare il pasto domestico all'interno dei locali adibiti a mensa della scuola nell'orario destinato alla refezione».

     

    Anche il Tribunale di Torino in un primo momento, però, con ordinanza  in data 30 gennaio – 2 febbraio 2015, ha rigettato la richiesta dei genitori, ritenendo che la questione fosse stata mal posta.

     

    Secondo il Tribunale, infatti, sarebbe il carattere facoltativo e non obbligatorio del servizio di refezione a garantire il diritto degli alunni e dei genitori di non avvalersene ed consentire di conservare la natura gratuita del servizio scolastico.

     

    In concreto, ha affermato il giudice, il diritto a non avvalersi della mensa potrebbe essere compensato o dalla scelta di utilizzare il tempo parziario invece che pieno, o dal temporaneo allontanamento dalla scuola del minore nel tempo occorrente alla consumazione del pasto.

     

    Non convinti della correttezza della decisione, i genitori hanno impugnato il provvedimento davanti alla Corte d’Appello di Torino, e quest’ultima che con la sentenza n. 1049 del 21.06.2016, accogliendo in parte l'appello ha accertato, pur con alcuni limiti, il diritto dei genitori di scegliere per i propri figli tra la refezione scolastica ed il pasto domestico da consumarsi nell'ambito delle singole scuole e nell'orario destinato alla refezione.

     

    A questa pronuncia che sembrava avere posto fine alla questione, sono poi dovute seguire ulteriori richieste proposte da altri genitori in via d’urgenza.

     

    Dopo la sentenza della Corte d’Appello, infatti, molte scuole hanno ritenuto che l’efficacia della controversia dovesse essere circoscritta ai soggetti che hanno proposto ricorso e non potesse essere estesa indistintamente a tutti i genitori.

     

    Con l’ordinanza del 13 agosto 2016 n. 20988, confermata anche a seguito di reclamo con provvedimento n. 22390 del 9 settembre 2016, il tribunale ha riconosciuto la piena efficacia del diritto già sancito dalla Corte d’appello, accogliendo la domanda di un genitore di una ragazza iscritta al quinto anno di un istituto scolastico di Torino, presso il quale è attivo un servizio di mensa.

     

    Il diritto per i propri figli tra la refezione scolastica ed il pasto domestico da consumarsi nell'ambito delle singole scuole e nell'orario destinato alla refezione, anche se non in via definitiva, appare dunque oggi pienamente sussistente ed affermato.

     

    A questo punto, da genitori, che fare nell’ipotesi che il servizio di refezione sia ritenuto troppo oneroso o che comunque si voglia scegliere ciò che devono consumare nella pausa pranzo?

     

    Anche se il diritto pieno sembra sussistere, non appare consigliabile l’adozione di una scelta unilaterale che possa portare ad una contrapposizione frontale con le istituzioni scolastiche, almeno in questo primo periodo.

     

    Il diritto alla refezione autonoma, infatti, prima di poter essere realizzato in concreto, potrebbe trovare non pochi ostacoli di carattere pratico e burocratico che potrebbero di fatto affievolirlo, come ad esempio la difficoltà pratica di utilizzare strumenti idonei al riscaldamento delle vivande.

     

    Esistono infatti numerose disposizioni di settore relative al consumo di alimenti in luoghi soggetti o aperti al pubblico, che prevedono modalità stringenti di consumo e potrebbero interferire con il “diritto al panino da casa” riconosciuto dalle Corti.

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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