TAVARNELLE (BARBERINO TAVARNELLE) – Prosegue il nostro “viaggio”, insieme al Lions Club Barberino Montelibertas, alla scoperta dei luoghi di Barberino Tavarnelle attraverso gli occhi dei giovani.
Con l’obiettivo di dare risalto a tanti angoli – più o meno nascosti – del nostro straordinario territorio. Vie, piazze, frazioni, campi, boschi e pertugi che hanno segnato l’infanzia (o la giovinezza) degli Under 40.
Dopo Filippo Cubattoli e Matteo Pianigiani, che ci hanno raccontato rispettivamente piazza Matteotti e il borgo di Tignano, stavolta è il turno di Maurizio Bertini: “Il Giornalaio” di Tavarnelle, e mai come in questo caso si può dire… conosciuto da tutti.
Il luogo del cuore di Maurizio non può che essere piazza della Repubblica, dato che “con i miei genitori abitavo lì vicino, in via XXV Aprile” (ci dice).
“Che si chiamasse piazza della Repubblica l’ho scoperto dopo – inizia Maurizio – Per dire che andavamo lì si diceva “si va al cavallino”: c’era un cavallino di legno, che poi è stato tolto. Ci salivamo anche in tre o quattro contemporaneamente”.
“Quando facevo le elementari – ci racconta – trascorrevamo la maggior parte del tempo in piazza della Repubblica. In inverno di pomeriggio. In estate praticamente tutto il giorno e poi dopo cena: tornavamo a casa solo per pranzare e cenare”.
“A quel tempo – si parla di circa 25 anni fa (Maurizio è del 1987) – il parco del Mocale non esisteva. E in piazza Matteotti non c’era posto per giocare: era occupata dal parcheggio”.
“In piazza della Repubblica c’era sempre movimento – ricorda – Di giorno in tanti passavano per fare la spesa: proprio lì davanti, dove ora c’è la biblioteca, c’era la Coop. E la sera d’estate era un punto di ritrovo sia per i bambini che per i genitori”.
“Il nostro passatempo preferito era il pallone – prosegue – Mettevamo una porta dove ora c’è la panchina rossa, l’altra dove ci sono gli olivi. Per metà partita andava bene, perché correvamo in discesa. Ma l’altra era… tutta in salita. E il pallone andava di continuo in strada”.
“Non fissavamo, perché non avevamo i telefoni – aggiunge – E poi non ce n’era bisogno: prendevi la bici, andavi in piazza della Repubblica e qualcuno lo trovavi sempre. Adesso c’è la PlayStation, ma prima per giocare con gli altri bambini dovevi per forza uscire”.
“Non importava se chi trovavi era più grande o più piccolo – conclude Maurizio – Magari all’inizio avevo soggezione di quelli più grandi: erano il doppio di me. Ma dopo due giorni eravamo già amici. E la cosa bella è che con alcuni… lo siamo tuttora”.
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