Egregi signori, io abito a San Polo in Chianti da 55 anni e ho visto l’evoluzione del fiume Ema e anche altri fiumi della zona in questi anni, oggi ci meravigliamo se straripano e se portano detriti.
Le autorità preposte alla salvaguardia del funzionamento del defluire delle acque fanno finta di non vedere, oppure vedono e fanno i lavori solo dove si vedono dalle strade.
E dove i vari politici di turno possano andare a scattare la foto da pubblicare.
Ma se ci addentriamo dove non arriva l’occhio umano, intendo dire in quelle zone che non sono i grandi paesi, ci rendiamo conto che il letto del fiume (e anche le sponde) sono invasi da vegetazione più o meno grande e più o meno folta.
Che in condizioni normali ostruisce marginalmente il corso delle acque, ma in condizioni estreme come quelle di qualche giorno fa mettono in luce tutte le loro precarietà.
Negli anni i detriti hanno rialzato il letto dei fiumi, ma anche in questo caso non ci si preoccupa di toglierli.
Mi è stato detto da un ingegnere delle bonifiche “ma i sassi dove li portiamo”: basterebbe rinforzare gli argini oppure portarli nelle cave, alla fine basta volere.
Quindi prima di incolpare la natura con la storia del cambiamento climatico, che oggi va tanto di moda sbandierare e tutti ci sentiamo paladini di un salvataggio per cui però realmente nessuno fa niente, ripartiamo da come erano i corsi d’acqua in natura.
E vedrete che tutto si risolverà senza bisogno di parlare tanto.
Milco Ventisette
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