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venerdì 20 Giugno 2025
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    Due sacerdoti sancascianesi in mezzo al fango di Campi Bisenzio: ma qui nessuno si dà per vinto

    Don Marco Fagotti e don Bleader Xhuli (che a San Casciano non è nato, ma dove tutti lo ricordano con affetto): siamo andati a vedere come se la passano dopo la terribile alluvione

    CAMPI BISENZIO – Nel fango di una Campi Bisenzio stravolta dall’alluvione dei giorni scorsi, ci sono anche due sacerdoti sancascianesi.

    Uno, don Marco Fagotti, pievano della Pieve di Santo Stefano, che a San Casciano è nato e cresciuto.

    L’altro, don Bleader Xhuli, parroco nella chiesa di Santa Maria, che a San Casciano ha lasciato un splendido ricordo dopo i suoi anni di sacerdozio in terra chiantigiana.

    Siamo andati a vedere come stavano e in quale situazione si trovassero: quando arriviamo don Marco sta celebrando un funerale, ma per fortuna la Pieve di Santo Stefano non ha avuto particolari danni.

    Lì vicino, passato il torrente Bisenzio, c’è un’altra chiesa, Santa Maria, dove presta il suo servizio sacerdotale don Bleader: anche qui la chiesa non ha avuto danni, ma don Bleader sta spalando fango qui vicino.

    Lo troviamo infatti nella vicina chiesa di Capalle, travolta da acqua e fango. Anche qui, la stessa scena che si vede quasi ovunque: masserizie fuori, tanto lavoro da fare.

    Cerchiamo don Bleader, chiediamo. “Lo trova nello scantinato” ci dice un uomo intento anche lui a vuotare secchi d’acqua e fango.

    Lo troviamo a spalare, appena ci riconosce ci saluta con calore e interrompe il faticoso lavoro: “E’ da venerdì che siamo a spalare, l’acqua è entrata in chiesa, in canonica e nello scantinato. Purtroppo abbiamo dovuto buttare via anche noi tutto, armadi e altre suppellettili, ma l’importante è che abbiamo salvato la chiesa”.

    “Sono venuti anche da San Casciano ad aiutarci a spalare – dice con grande orgoglio – Devo dire che non è mancata la solidarietà, la forza e il coraggio: la rabbia l’abbiamo messa solo nello spalare il fango ed è per quello che siamo riusciti. Con me ci sono dei ragazzi arrivati da Prato, non ci conosciamo. Il futuro, che sono loro, è pieno di speranza e hanno un cuore grande! Basta dargli fiducia”.

    Lasciamo don Bleader con una stretta di mano, la stessa stretta di mano che vorremmo dare a tutti quelli che in queste ore dedicano il loro tempo in aiuto di chi ha perso tutto in una notte. E ci avviamo a vedere con i nostri occhi quel che è rimasto dopo il passaggio dell’onda di piena.

    Campi Bisenzio in mezzo a un mare di fango

    Lunghe file di giovani con stivali, tute di carta, sacchetti neri per proteggere i vestiti dal fango.

    E, tra le braccia, scope, pale, tira acqua, secchi. E un immancabile sorriso. Entrano a Campi Bisenzio dopo essere scesi dai tram e dalle auto.

    Siamo a una settimana da quando il torrente Bisenzio e il Marina sono usciti fuori dal loro corso naturale, invadendo strade, abitazioni, negozi, aziende. Tutto.

    Inoltrandosi per le vie campigiane ci s’imbatte subito in uno scenario inimmaginabile: cataste di mobili lungo i marciapiedi, mezzi della Protezione Civile di tutta Italia fanno lo slalom tra masserizie.

    Così come i vigili del fuoco, i carabinieri, la polizia e la guardia di finanza. C’è ancora molto da fare, ancora ci sono garage e cantine con l’acqua all’interno.

    “Non abbiamo visto ancora nessuno nei nostri condomini – ci dice una signora appena ci vede – solo questi ragazzi stanno portando via quello che avevamo nelle cantine. Il bello è che a scuola i presidi non accettano giustificazioni perché si trovano qui ad aiutarci. Ma se non avessimo loro, quanto avremmo dovuto aspettare per un aiuto?”.

    Sono completamente cosparsi di fango appiccicoso, ragazze e ragazzi dai volti puliti che ci danno del lei e ci chiedono permesso mentre risalgono le scale, quasi fossero loro a dare fastidio.

    Nella sede del Comune di Campi Bisenzio si distribuiscono tute, guanti, ma anche pale (ormai ne sono rimaste poche) e si chiedono informazioni al Posto di Comando Avanzato della Misericordia per sapere dove andare a dare una mano.

    Sì, perché oltre ai ragazzi delle scuole dei dintorni, ci sono anche studenti arrivati da Arezzo, Siena, Borgo San Lorenzo. Arrivano dappertutto, qui come negli altri territori sconvolti dall’alluvione. E tutti con un unico fine: dare una mano.

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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