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venerdì 29 Marzo 2024
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    Se in sei mesi nessuno li reclama vanno a finire nella “fossa comune”: il racconto

    MERCATALE (SAN CASCIANO) – Dopo quattordici anni, alle prime luci dell’alba di mercoledì 17 luglio, la salma di Pietro Pacciani (morto il 22 febbraio 1998) è stata esumata dal cimitero di Mercatale.

     

    I pochi resti mortali sono stati sistemati in una cassetta di zinco: per sei mesi resteranno in un deposito, dopodiché se nessuno dei familiari si presenterà, i resti andranno in quella che viene chiamata “fossa comune”.

     

    Dunque alle 8.45 i necrofori hanno sigillato un pezzo triste della storia che ha coinvolto il territorio di San Casciano, portandolo alla ribalta per le note vicende del “mostro di Firenze”. Non erano presenti le figlie, che non hanno accettato mai quel padre-padrone.

     

    La moglie, Angiolina Manni, quando seppe della scarcerazione del marito pensò bene di non farsi trovare in quella casa di via Sonnino, a Mercatale, dove aveva patito le pene dell’inferno. E' rinata trovando una nuova vita in una residenza protetta a Radda in Chianti, fino agli ultimi giorni di vita: Angiolina venne a mancare il 20 novembre 2005.

     

    Fino a ieri si poteva notare come anche da morti ci fosse una differenza nel modo in cui entrambi venivano ricordati. Pietro Pacciani per tutti questi anni ha riposato sotto un cumulo di terra, una croce di legno di quelle che si mettono provvisoriamente al momento della sepoltura, la targhetta con il nome cognome, data di nascita e morte, tenuta su da un filo di ferro. Mentre sulla nuda terra dei fiori finti depositati chissà da quanto tempo e da chi.

     

    Angiolina Manni riposa poco distante, quasi di fronte a suo marito: una lapide in pietra ben sistemata, fiori freschi e una foto a colori che la ritrae serena, quasi irriconoscibile da come molti la ricordano in tv. Arrabbiata pronta a scagliare i sassi contro i giornalisti, insofferente, spazientita da tanta “invadenza”, dalle telecamere che andavano alla ricerca di particolari.

     

    Lei che era stata sempre chiusa dietro le mura domestiche, costretta a vedere e subire le ire del “Vampa”, un povero “agnelluccio” come si definiva lui, che durante le udienze del processo tirava fuori dalla tasca della giacca il santino con il volto di Gesù, mentre quando era tra le mura di casa si trasformava in qualcosa di demoniaco.

     

    Chi scrive ha vissuto attimo dopo attimo quel che accadde quella domenica, che sembrava come tante altre. Era il 22 febbraio 1998, la festa di carnevale a San Casciano aveva richiamato molte persone dalle frazioni: anche da Mercatale le famiglie erano venute in paese, poi nel primo pomeriggio una telefonata inaspettata informava i cronisti:"E’ stato trovato morto in casa Pietro Pacciani".

     

    In via Sonnino in poco tempo arrivarono forze dell’ordine, operatori televisivi, giornalisti delle varie testate, oltre a tanti curiosi arrivati da posti più impensabili dopo che la notizia era stata data. Solo i mercatalini rimasero lontani da via Sonnino, stufi per tanti anni di questa storia, che aveva trascinato alcuni di loro anche come testimoni al processo.

     

    A dare l’allarme era stato il vicino di casa di Pacciani che dichiarò: "Mi sono insospettito in quanto in tutta la mattina non avevo visto e sentito Pietro intorno casa, un pezzo del mio giardino confina con il suo, ho notato le finestre aperte, così come la porta della cucina. Strano, in quanto faceva una vita riservata, solitaria. Ho provato più volte a chiamarlo, senza ottenere nessuna risposta, allora ho deciso di affacciarmi e me lo sono trovato sdraiato per terra. Sono tornato a casa e ho chiamato subito i carabinieri di San Casciano".

     

    In molti da subito ipotizzarono che Pacciani potesse essere stato ucciso: chissà, disse qualcuno, forse dal… vero “mostro di Firenze” (ricordiamo che per la giustizia Pacciani è morto da innocente). O da qualcuno che pensava potesse parlare e fare nomi importanti per l’inchiesta.

     

    In realtà era un uomo con un sacco di acciacchi, viveva alla giornata. In cima al bastone che utilizzava per appoggiarsi ultimamente aveva piantato un chiodo, lo utilizzava per infilare e tirare fuori dai cassonetti i sacchetti dell’immondizia. E se trovava qualche avanzo di cibo, lo portava a casa per poi consumare a pranzo o cena. Inoltre era un buon consumatore di vino, a dimostrazione la damigiana trovata fuori dal corridoio, in attesa di essere riempita alla prima occasione.

     

    L’autopsia ha poi stabilito che la sua morte è avvenuta per cause naturali. Il funerale fu celebrato da don Danilo Cubattoli, allora parroco del carcere di Sollicciano. Pochissime le persone alla funzione funebre, così come in pochi seguirono il feretro lungo via dei Cofferi per la sepoltura al campo santo.

     

    Le spese per il funerale furono a carico del Comune di San Casciano, poiché nessun familiare ha voluto saperne né da vivo né tantomeno da morto: probabilmente anche stavolta andrà così, e dopo sei mesi di attesa i resti di Pietro Pacciani andranno a finire nella "fossa comune".

    di Antonio Taddei

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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