SAN CASCIANO – Pedagogista clinico: chi è? Di cosa si occupa? In che modo può aiutarci nella nostra vita quotidiana?
Ne parliamo con Monia Musciotto, nata e vissuta a San Casciano, diplomata nel 1994 presso il Liceo Psico-Pedagogico “G. Capponi” di Firenze, laureata in Scienze dell'Educazione nel 2003 presso la Facoltà di Scienze della Formazione di Firenze.
"Ho vinto il concorso per la Scuola dell'Infanzia – ci racconta – dal 2004 insegno in una scuola dell'Infanzia Statale di Scandicci (FI) e per molti anni ho fatto da Tutor a bambini e adolescenti con DSA (Disturbi Specifici di Apprendimento)".
"Nel febbraio 2018 – continua – ho conseguito la Specializzazione in Pedagogia Clinica ® (Pedagogia in aiuto alla Persona) presso l'ISFAR (Istituto Superiore Formazione Aggiornamento e Ricerca) e sono iscritta all'Associazione ANPEC (Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici)".
"La Pedagogia Clinica – ci spiega Monia – è una scienza recente, nasce nel 1974 ad opera del professor Guido Pesci e si contraddistingue da tutte le altre discipline perché si rivolge al vasto panorama dei bisogni educativi della persona per favorire l'armonia e il mantenimento di uno stato di equilibrio".
Poi dà qualche input in più: "Quando si sente il termine “Pedagogia” si pensa subito a qualcosa che riguarda i bambini; in realtà la pedagogia studia l'educazione e la formazione dell'uomo nella sua interezza lungo il suo intero ciclo di vita: nei suoi slanci e nelle sue interazioni con l'ambiente e con gli altri".
"Il termine “clinico” poi – sottolinea – non ha niente a che fare con il sanitario ma parte dall'idea dell'”aver cura della persona” di ogni età, sia essa singola, in coppia o in gruppo".
"Il mio lavoro – rimarca – si rivolge quindi a tutti coloro che stanno vivendo uno stato di difficoltà e di disagio: si rivolge, per esempio, a quei bambini che hanno problemi di integrazione scolastica e di comportamento, come anche a coloro che hanno problemi scolastici e certificazioni di Disturbi Specifici di Apprendimento; ad adolescenti e adulti che vivono uno stato di bisogno che li porta ad essere in disequilibrio con se stessi".
"Per esempio – conclude – problemi legati all'alimentazione, alla difficoltà nel dover elaborare un lutto, ma anche semplicemente al sentirsi inadaguati e impreparati nell'affrontare certe situazioni legate alle relazioni familiari o all'ambiente scolastico o lavorativo. Inoltre, aiuto i genitori a interagire con i loro figli attraverso un tipo di comunicazione non conflittuale".
di Redazione
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