ROMOLA (SAN CASCIANO) – Alberto Turchi, conosciutissimo a San Casciano perché membro del direttivo Auser dal 1999, ci ospita nella sua casa in Piazza Peschici alla Romola per raccontarci una storia antica: quella della raccolta dei pinoli; un’attività nella quale quasi tutte le famiglie del luogo erano impegnate fino a 40 anni fa.
Anche la famiglia di Alberto vanta una lunga tradizione in questo settore e lui che è soprannominato “l’ultimo scoiattolo” fino al 2015 sui pini ci saliva ancora per raccogliere le pine: una passione coltivata negli anni e portata avanti tra le mura domestiche, senza grande clamore, per costudire una tradizione quasi scomparsa.
In mezzo ad attrezzi e macchinari per schiacciare i pinoli, spesso fabbricati proprio da lui, Alberto ci racconta che “ tutto aveva inizio, fino agli anni ’70, alla fiera di S.Luca ad Impruneta, dove si stabilivano le modalità di raccolta, si assegnavano le parti del bosco alle famiglie e si decidevano i prezzi delle pigne e dei pinoli. Dopo S.Luca iniziava la raccolta delle pine che durava fino ad aprile”.
Alberto Turchi
“ A questo punto – continua Alberto – si passava alla lavorazione delle pine per ottenere i pinoli e quella più utilizzata era quella di cuocere nel ranno le pine ancora sode con i pinoli dentro ancora freschi. Un’operazione che si faceva soprattutto durante le veglie invernali e stare a veglia voleva dire proprio “ stiacciare i pinoli, stare alla pietra”. Una decina di persone prendevano una cinquantina di pine e le calavano dentro una gabbia in una cardaia coperte di acqua e cenere e le facevano cuocere per mezz’ora- un’ora".
Prosegue: "Quando le scaglie si aprivano, le pine venivano scosse per provare a togliere il culacciolo. A questo punto si aprivano con la mazza sul pietrino. I pinoli estratti venivano messi nell’acqua dove si ripulivano dalla polvere nera. Si passava poi- precisa Alberto- all’operazione più delicata quella di stare alla pietra a stiacciare i pinocchi che poi venivano sbatacchiati perchè il guscio si staccasse completamente dal pinolo”.
Una volta selezionati i pinoli migliori, le 15 famiglie impegnate in questa attività mettevano insieme circa 2 quintali di pinoli a settimana e andavano a venderli a Firenze al mercato di Sant’Ambrogio, dove c’era la maggiore richiesta di pinoli nel periodo natalizio.
Alberto nel tempo ha preferito utilizzare un altro tipo di lavorazione: quello di raccogliere le pine in primavera, circa 4-5000 e farle poi aprire al caldo sole dell’estate nell’orto davanti a casa sua.
In questo modo i pinoli escono facilmente: una volta ripuliti dalla polvere nera sono messi nella macchina schiacciatrice di pinoli, inventata e costruita proprio dalla sua famiglia e poi raccolti.
Da questa tradizione, fatta anche di fatica e molta pazienza, nasce la Pinocchiata: un dolce natalizio che Alberto prepara ancora oggi con le sue mani per tanti amici e conoscenti, sapientemente confezionato e spedito anche nella lontana Inghilterra.
“Si prende un tegame di rame- ci spiega Alberto- e un mestolo di legno. Si mettono dentro i pinoli a freddo. Per tre bicchieri di pinoli si aggiunge un bicchiere e mezzo di zucchero e una buccia d’arancia battuta con la mezzaluna".
"A questo punto si mescola tutto e si mette il tegame sul fuoco e via via mescolando e dosando lentamente la fiamma, si sta attenti che non si formino grumi di zucchero e che il composto non si attacchi. I pinoli via via cambiano di colore, da chiari sempre più scuri e dorati. Dopo circa 20 minuti quando si vede di aver ottenuto un composto omogeneo che manda un profumo unico ed inebriante, si rovescia velocemente il tutto su un piano e si lascia raffreddare”.
Nasce così la Pinocchiata che accompagnata da un bicchiere di vinsanto è per Alberto il modo più dolce di festeggiare il Natale.
di Silvia Luis
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