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martedì 10 Dicembre 2024
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    Un 25 aprile di emozioni a San Casciano: in piazza i ricordi di guerra di Ezio Pestelli

    La giovinezza rubata, gli episodi più drammatici dell'estate del '44 tra fughe continue e nascondigli segreti

    SAN CASCIANO – Occhi lucidi e commozione vibrante per Ezio Pestelli (leggi qui la sua storia), il 93nne che oggi, in occasione della festa della Liberazione di San Casciano, ha voluto condividere per la prima volta in forma pubblica le memorie e i ricordi di guerra che da due anni appunta meticolosamente in un diario.

     

    Accompagnato dalla figlia Sonia e al fianco del sindaco Massimiliano Pescini, Ezio ha ripercorso in piazza della Repubblica alla presenza di centinaia di cittadini e rappresentanti di associazioni, gli anni più difficili della propria vita, vissuti costantemente sotto minaccia, pressati da quel clima di violenza, terrore e morte che nel ’44 la ferocia tedesca diffondeva nelle campagne chiantigiane.

     

    Sono gli anni della giovinezza in cui l’angoscia della fuga scandiva le giornate e si presentava puntualmente, come un fantasma, nel buio della notte tra i poderi, i boschi, i casolari, illuminati solo dalle bombe che da Campoli le truppe naziste puntavano in direzione di Sant’Andrea in Percussina per colpire case, campi, persone.

     

    La testimonianza di Ezio, al centro delle celebrazioni del 25 aprile, riassume i momenti salienti della sua esperienza in tre di episodi che lo stesso sancascianese legge e rivela con chiara consapevolezza.

     

    “Io vivevo a Macinaia, a Sant’Andrea in Percussina era il 29 luglio del ‘44, giorno del mio compleanno compivo 19 anni – ricorda – quando nella notte io e la mia famiglia si sentì dei rumori giù nella stalla, dopo pochi minuti arrivarono in cucina una decina di tedeschi che cercavano i disertori; appena mi videro dissero: questo essere disertore, fucilare".

     

    "La mia povera mamma – prosegue – piangendo disse che io ero solo un ragazzino non un disertore. A quei tempi non c’era l’elettricità e nelle case c’erano solo i lumi a olio e quindi c’era buio, questo mi permise di scappare in una botola lì vicino che rispondeva alla concimaia delle bestie e da lì scappai nel bosco degli Scopeti. I tedeschi mi cercarono per un po’ e poi si sono rassegnarono e andarono via. Ho vissuto nel bosco per 2-3 giorni con altri due ragazzi russi e due ragazzi di San Casciano”.

     

    Un altro episodio riguarda la sofferenza subita dallo zio che ha accompagnato molte delle notti insonni di Ezio.

     

    “I fascisti di Spedaletto – rivela – andarono a prendere un noto antifascista muratore sul luogo di lavoro a Chiesanuova, non trovandolo e non potendo ritornare via senza nessuno, presero il mio zio Egisto Caiani che era lì a lavorare, ma non era di nessuna fede politica, era un lavoratore e gran credente. Lo portarono a San Casciano alla casa del fascio, lo tinsero di rosso e lo issarono sul palco della piazza centrale del paese dove c’era tanta gente".

     

     

    "Tutti lo offendevano – sono ancora parole di Ezio – lo deridevano e lui non poteva fare e dire niente era alla berlina di tutti; addirittura un macellaio del posto, gran fascista, gli si avvicinò con la mannaia iniziando a dire Tagliamo il capo, tagliamo il capo e la folla allora sì che gridava più forte e lo offendeva ancora di più. Lui si sentiva perso, deriso da tutti senza motivo, non aveva fatto niente di male, per fortuna c’era la guardia comunale, tale Rocco che lo conosceva, con un balzo salì veloce sul palco e iniziò a difenderlo, dicendo che non era antifascista ma un pover’omo”.

     

    Nell’estate del ’44 Ezio cercava di sopravvivere trascorrendo lunghi periodi nei nascondigli di fortuna e in alcuni dei luoghi conosciuti da pochi che la comunità riteneva sicuri come i sotterranei di Casa Machiavelli.

     

    "Io avevo paura – ricorda commosso – per questo motivo di giorno vivevo nel bosco, andando solo la mattina a “governare” i quattro buoi che avevo nella stalla e così li ho salvati, la sera quando faceva buio andavo al rifugio alle Cantine del Machiavelli dove c’erano una trentina di persone. Qui si mangiava quello che le massaie avevano racimolato, si dormiva in terra, sulle panche dove capitava. Sono stato lì per un mese circa".

     

    Nelle cantine del noto Albergaccio di Sant’Andrea in Percussina la mattina di oggi, giovedì 25 aprile 2019, Ezio è tornato a far visita. Ha rivisto i luoghi in cui dormiva e mangiava, ha rivissuto le emozioni e i drammatici ricordi di una giovinezza rubata e devastata dalla guerra.

     

    “Il significato profondo del 25 aprile – conclude – si lega ai valori di libertà, rispetto, memoria, identità, è la festa di tutti gli italiani e deve essere onorata necessariamente con uno sguardo rivolto al passato, conoscendo la storia e avendone memoria perché gli errori della guerra non si ripetano più. Non dimentichiamolo mai”.

    di Redazione

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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