SAN CASCIANO – Renzo Mori era uno di quelli che la casa del popolo di San Casciano l'hanno costruita con le loro mani.
Mattone dopo mattone, secchio dopo secchio. "A avanzatempo" come si diceva una volta, in quegli anni in cui anche nelle case, quelle costruite con i piani Peep, potevi utilizzare le tue mani per dare corpo al tuo futuro.
Renzo Mori se n'è andato in questi giorni di Natale. Aveva 81 anni. Chi vorrà salutarlo per un'ultima volta potrà farlo mercoledì 27 dicembre alle 10 nella Propositura di San Casciano.
"Storico socio e fra i fondatori del nostro circolo – dicono dalla casa del popolo di San Casciano – Persona amata da giovani e meno giovani, grande esempio di uomo che ha donato tanto del suo tempo al bene della comunità e del nostro circolo. Tutta la casa del popolo è al fianco della moglie Ada, della figlia Patrizia e alle persone a Renzo più care in questo triste e difficile momento".
Perché ricordiamo Renzo? Perché è una persona che ha dato tanto, tantissimo, a molti. Con due parole, un sorriso, un saluto.
Alla casa del popolo di via dei Fossi era una vera e propria "istituzione": chiunque l'abbia frequentata non può non ricordarlo in versione estiva, con pantaloni ultra corti, camicia (o canottiera), ciabatte.
Era un uomo vero Renzo. Un uomo semplice. Di una semplicità che fa scuola, senza tanti giri di parole o insegnamenti lagnosi.
Io Renzo l'ho conosciuto quando sono nato. In quella via Montopolo dove lui ha vissuto fino ad oggi. Avevo tre anni quando mi trasferii in via Allende (Colle d'Agnola), ma Renzo ha sempre continuato a salutarmi ("Ciao Matteone") come se vivessimo accanto.
Insieme a suo figlio, Paolo, "Paolino", che ci ha lasciato qualche anno fa. Alla sua Zara, la cagnolina che avevano quando ero piccino (e della quale mi raccontano che fossi davvero innamorato).
Renzo Mori era un uomo buono. Per davvero. E di ulteriormente bello c'è che questa sua bontà è stata trasmessa, sentita, capita da molti. Senza tanti giri di parole. Con semplicità, con la naturalezza di chi è umano nel pieno senso della parola.
Trasmessa, e qui sta la sua vera eccezionalità, ai più giovani. A chi frequentava ogni giorno il circolo, distante da lui non solo alcune generazioni, ma vere e proprie "ere geologiche", Renzo parlava con la sua lingua semplice. Calda e piena di vita. E lo capivano in molti, moltissimi.
E soprattutto per chi, come chi scrive, è nato negli anni Settanta, a cavallo fra un passato ormai remoto (fatto di epoche pre-cellulare e pre-internet) e un presente modernissimo, Renzo ha rappresentato una sorta segnalibro sul chi siamo, la nostra essenza.
Senza grossi giri di parole. Bastava un saluto. Ciao Renzo.
di Matteo Pucci
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