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venerdì 19 Aprile 2024
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    Virginia e Guido, deportati e uccisi ad Auschwitz: collocate a Grassina due pietre d’inciampo in loro memoria

    In via San Michele a Tegolaia 7, dove abitavano, i loro nomi resteranno impressi affinché non venga mai dimenticato ciò che il popolo ebraico ha sofferto

    GRASSINA (BAGNO A RIPOLI) – Due pietre d’inciampo sono state poste nella mattinata di oggi, mercoledì 23 marzo, a Grassina.

    In memoria di Virginia Coen Passigli e Guido Passigli, che furono deportati nel 1943 ad Auschwitz dove vi morirono dopo pochi giorni.

    In via San Michele a Tegolaia 7, dove abitavano, i loro nomi resteranno impressi affinché non venga mai dimenticato ciò che il popolo ebraico ha sofferto e come monito per il futuro.

    Tutto questo è stato fortemente voluto dal nipote dei coniugi, il grassinese Guidobaldo Passigli, che ritrovò dei brevi scritti di suo nonno su quello che era successo durante il rastrellamento del 26 ottobre 1943 a Roma.

    Partiti da Firenze proprio dalla casa di via San Michele a Tegolaia, i coniugi si trovarono a Roma in quei giorni. E durante quella notte vennero catturati e deportati ad Auschwitz, da dove non fecero più ritorno.

    Una breve lettera fu da loro scritta e lasciata da qualche parte affinché venisse consegnata ai loro familiari, arrivando fino ad oggi grazie a Guidobaldo.

    Insieme a lui le figlie e i nipoti, attorno a cui tutta la comunità ebraica di Firenze si è stretta partecipando numerosa a questo ricordo.

    Presenti anche il sindaco Francesco Casini, il vicesindaco Paolo Frezzi, il presidente del consiglio comunale Francesco Conti e l’assessore Francesco Pignotti. Oltre al rabbino capo della comunità ebraica di Firenze Gadi Piperno, oltre alle associazioni Aned, Anpi e Per Non Dimenticare – Do Not Forget Odv Onlus.

    Presenti anche il preside dell’istituto Gobetti Volta, Simone Cavari, e i rappresentanti degli studenti. A cui è stata regalata una copia del libro che Guidobaldo Passigli  ha scritto in merito agli eventi di quei giorni.

    “Ringrazio le istituzioni e agli amici che nel tempo ci hanno voluto bene e i parenti per aver partecipato oggi – ha detto Guidobaldo – Regalo al sindaco due documenti, tra i più importanti per una persona e per me molto significativi: il mio atto di nascita del 1939, su cui c’è il timbro che riporta la dicitura bambino di razza ebraica; e quello di mia moglie del 1937 che invece non lo riporta. Nata libera, a differenza mia”.

    “Prego il sindaco – ha continuato – di consegnarli anche alle scuole, affinché possano insegnare una cosa importante successa in Italia. A testimonianza di come funzionava il sistema razziale in Italia”.

    “Faremo tesoro di questi due documenti che ci ha regalato – ha promesso Casini – e vorremmo donare una copia anche alla biblioteca, affinché possano essere patrimonio di tutta la comunità di Bagno a Ripoli”.

    “Perché questo suo dono – a aggiunto – è un gesto che abbraccia tutta la comunità. E’ importantissimo continuare a coltivare la memoria, affinché non si ripeta quello che è accaduto”.

    “Insieme alle associazioni presenti anche qui oggi – ha concluso il primo cittadino – l’amministrazione pubblica porta avanti progetti di memoria e ricordo, ogni giorno nella quotidianità”.

    Altri rappresentanti, tra cui il rabbino, hanno ringraziato Guidobaldo sottolineando l’importanza della memoria e della conoscenza dei fatti storici.

    “Le pietre – è stato detto – saranno un segno tangibile per tutti coloro che passeranno da qui. I nostri cari non sono stati dimenticati e non lo saranno mai”.

    La storia dei coniugi Passigli

    Guido Passigli, cittadino fiorentino nato a Livorno nel 1875, è titolare di un’attività commerciale di rappresentanza nel settore dei tessuti fino al 1938, anno delle leggi razziali.

    Nell’estate del 1941 acquista una casa e un podere a Grassina, nel comune di Bagno a Ripoli, in via San Michele a Tegolaia.

    Sua moglie Virginia (anch’essa nata a Livorno, nel 1879) ne è entusiasta tanto da definirlo il “paradiso terrestre”.

    Donna energica, Virginia partecipa attivamente alle iniziative di solidarietà promosse da associazioni ebraiche, collaborando con la delegazione per l’assistenza agli ebrei migranti. 

    Il 16 ottobre 1943, poco più di un mese dopo l’8 settembre e l’occupazione del Paese, a Roma scatta il primo tragico rastrellamento a sorpresa. Una retata terribile che in poche ore porta all’arresto di 1259 persone.

    Tra queste ci sono anche Guido Passigli e Virginia Coen Passigli. I coniugi, provati dalla recente morte del figlio Raffaello, detto Lellino (padre di Guidobaldo Passigli), morto di malattia a 38 anni, per provare a sollevarsi un poco dal dolore, avevano deciso di recarsi a Roma, ospitati dal fratello di Guido. 

    Solo 4 giorni dopo il loro arrivo, alla loro porta in via Mecenate 79 si presentano i tedeschi.

    Tutta la famiglia viene arrestata e portata nel luogo di detenzione del Collegio militare. Qui i due coniugi, quando probabilmente hanno già capito quale terribile destino li attende, hanno modo di scrivere un messaggio di commiato con le ultime volontà, ma soprattutto un commovente addio ai loro cari prima della partenza per Auschwitz.

    La lettera viene affidata a qualche mano pietosa che la consegna alla famiglia, ed è stata recentemente pubblicata dal nipote Guidobaldo nel libro “La comitiva”

    Il 18 ottobre, oltre mille ebrei tra cui Guido e Virginia, vengono trasportati alla stazione Tiburtina e caricati su 18 vagoni merci sigillati, alla volta di una “destinazione ignota”.

    Il treno arriva al capolinea di Auschwitz-Birkenau dopo 5 giorni. All’arrivo nel campo, la terribile Selektion.

    Guido e Virginia vengono subito avviati alla camera a gas. Dei loro compagni di viaggio, solo in 16 faranno ritorno a casa. 

    @RIPRODUZIONE RISERVATA

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