CHIANTI FIORENTINO – Dal terremoto “dimenticato” del 1959, che colpì più o meno nella zona interessata dallo sciame sismico di questi giorni a, appunto, la serie di scosse che dal 3 maggio scorso stanno interessando la zona del Chianti fiorentino (le potete vedere tutte qui).
E che, ovviamente, stanno creando apprensione in molta parte dei cittadini residenti. In particolare nei comuni di Greve in Chianti, Impruneta e San Casciano, che “confluiscono” nella zona degli epicentri, vicina alla frazione del Ferrone.
# Ancora scosse di terremoto, ancora tensione nei comuni del Chianti fiorentino
Ne abbiamo parlato con Filippo Bernardini, laureato in Geologia all’Università di Firenze, che da 20 anni lavora come ricercatore presso la sezione di Bologna dell’INGV.
“Mi occupo in particolare di “macrosismologia” – ci racconta – cioè lo studio degli effetti “macroscopici” causati su edifici, persone e ambiente dai terremoti sia attuali che del passato, e quindi mi occupo anche di sismologia storica”.
Appunto, partiamo da qui. Abbiamo letto un suo articolo per INGV sul terremoto del 1959 (lo trovate qui): era la stessa zona delle scosse di questi giorni? E come mai è stato un terremoto, come lei scrive, “dimenticato”?
“E’ quello che incuriosisce. E’ vero che sono passati 63 anni da allora. Ed è vero, come scrivo, che 7 anni dopo Firenze fu travolta da una catastrofe naturale di ben altra portata e di impatto mondiale (l’alluvione del 1966), ma è curioso che di questo evento ci sia così poca memoria anche nell’area epicentrale, a San Casciano, all’Impruneta… . Solo qualche persona avanti negli anni, e che all’epoca era bambina, lo ricorda più o meno vagamente, mentre chi è nato dopo il 1959 spesso non ne ha nemmeno mai sentito parlare. Ci sono studi che effettivamente hanno documentato che la memoria di un disastro naturale si perde rapidamente nell’arco di poche generazioni, figuriamoci quindi quella legata a eventi che hanno avuto un impatto più modesto e limitato sul territorio, come questo terremoto. Però è un po’ un paradosso: dove i terremoti, per fortuna direi, sono più rari, come nel Chianti fiorentino, si tende a dimenticarsene più facilmente. Ma proprio la perdita della memoria storica impedisce alle popolazioni di sviluppare una solida cultura antisismica, come invece capita in Giappone, Cile e altri Paesi molto più sismici del nostro, con terremoti ben più forti e frequenti che da noi”.
Oltre ai danni che causò (pochi per fortuna), si conosce la magnitudo che sviluppò? Non ci pare di averla letta nel suo articolo…
“Il terremoto del 24 marzo 1959 è riportato nel Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani con una magnitudo Mw di 4.8, che è una “magnitudo macrosismica”, cioè calcolata a partire dalla distribuzione delle intensità in gradi Mercalli derivate da uno studio “speditivo” ormai vecchio e superato di 30 anni fa. Quelle intensità sono state riviste da uno studio recente, non ancora pubblicato, sulla base di corrispondenze giornalistiche e fonti sismologiche originali dell’epoca; e la magnitudo verrà sicuramente ricalcolata e pubblicata nella prossima versione del catalogo. Per questa ragione non ne abbiamo dato un valore nell’articolo pubblicato sul blog INGVterremoti. In ogni caso, visti gli effetti con qualche danno sul territorio, si può supporre che la magnitudo del 1959 fu sicuramente ben superiore a 4.0, e forse uguale o superiore anche al valore 4.5. Dunque un evento ben più forte di quelli di questi giorni e con ogni probabilità anche di quelli del 2014-2015″.
Come va inquadrato, invece, lo sciame sismico al quale siamo sottoposti dal 3 maggio scorso? E’ una sorta di “fotocopia” di quello del 2014? Ricordiamo (andiamo a memoria) che in quel caso ci furono oltre 500 scosse distribuite lungo alcune settimane. Con quella più potente di 4.1.
“No, l’attuale “sciame” non è esattamente la fotocopia di quella sequenza perché gli epicentri del 2014-2015 erano ubicati alcuni chilometri più a sud di quelli di questi giorni. Comunque sono vicini. All’epoca, come voi ricordate, dopo la scossa principale di 4.1 avvenuta il 19 dicembre 2014 gli eventi andarono avanti per giorni e poi ci furono “riprese” in marzo e in settembre 2015 (quest’ultima con una scossa di energia analoga a quella di martedì scorso: 3.8)”.
Come collochiamo, invece, questa zona del Chianti e delle colline fiorentine (Impruneta, Bagno a Ripoli), nell’ambito della pericolosità sismica in Toscana?
“La mappa di pericolosità sismica della Toscana (ne abbiamo parlato anche in un articolo sul blog di INGVterremoti) parla chiaro: la zona di Firenze e del Chianti ha una pericolosità media se confrontata con altre zone di Italia. In Toscana abbiamo certamente aree più pericolose, come Mugello, Garfagnana-Lunigiana, Alta Valtiberina, ma il fatto che sia una pericolosità media non ci deve fare abbassare la guardia, perché “media” non vuole dire zero. Il territorio fiorentino è infatti classificato in “zona 3″, vale a dire con una probabilità bassa (ma non nulla) che si verifichino terremoti forti e dannosi. Significa che questi sono più rari che altrove, ma storicamente abbiamo avuto episodi che si possono stimare (sempre sulla base della distribuzione degli effetti macrosismici sul territorio ricostruiti tramite le fonti storiche) con magnitudo fino a 5.5, come nel caso di quello del 18 maggio 1895 che colpì praticamente la stessa zona di questi giorni causando gravi danni a Sant’Andrea in Percussina, Grassina, Bagno a Ripoli. E danni diffusi anche nella stessa Firenze”.
# Psicologia e scosse: come affrontare il terremoto? E come farlo vivere ai propri figli?
Non le facciamo, ovviamente, la domanda su quali possono essere le previsioni sullo sviluppo di questa sequenza sismica. Ma ai tanti cittadini che stanno vivendo questi giorni con una comprensibile tensione, cosa possiamo dire?
“Esatto, non sappiamo come evolverà questa sequenza, e se anche in questa occasione ci saranno riprese nelle prossime settimane o mesi come è successo nel 2014 e 2015. Ogni sequenza del resto è diversa dalle altre. Detto questo, è bene tenere presente che, proprio per la sua natura sismica a pericolosità media, nel territorio chiantigiano un terremoto forte, anche se raro e con basse probabilità, può sempre verificarsi in qualsiasi momento, che ci sia o meno in corso una sequenza come quella di questi giorni. E allora, cosa possiamo fare? La parola è “prevenzione”. C’è la prevenzione strutturale sugli edifici: ogni cittadino può far controllare da tecnici specializzati i propri edifici per capirne la reazione alle onde sismiche e se del caso intraprendere idonee azioni di miglioramento o adeguamento sismico (ricordiamo che anche quest’anno lo Stato italiano ha rinnovato la possibilità del “Sismabonus”). Poi c’è la prevenzione non strutturale, che consiste nei giusti comportamenti da tenere prima, durante e dopo una scossa. Da anni anche a Firenze e dintorni, come nel resto d’Italia, viene svolta la campagna informativa IO NON RISCHIO a cura del Dipartimento della Protezione Civile (e di cui INGV è partner fondatore), con i volontari delle associazioni aderenti che in ottobre vanno in piazza a spiegare alla popolazione le “buone pratiche” di protezione civile. Insomma di cose se ne possono fare molte, l’importante sarebbe non ridursi al “dopo”, quando l’emergenza è ormai in corso. Dovremmo tutti “preoccuparci” non nel senso comune del termine, ma in quello etimologico: pre-occuparci, cioè occuparcene prima, in tempi di pace”.
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