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mercoledì 24 Aprile 2024
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    Psicologia e scosse: come affrontare il terremoto? E come farlo vivere ai propri figli?

    La dottoressa Laura Berti (psicologa) e il dottor Tommaso Ciulli (psicologo e psicoterapeuta) ci danno alcuni consigli preziosi in questo periodo di tensioni e preoccupazioni

    Dopo due anni di pandemia, lockdown vari e una guerra che sembra richiamare l’ipotesi di un terzo conflitto mondiale, mancava in effetti qualche scossa sismica giusto per non farci annoiare. Forse manca all’appello un’invasione aliena o qualche piaga d’Egitto.

    Da un punto di vista psicologico e senza chiamare in causa chissà quali altri eventi, questi due anni ci hanno già messo abbastanza alle strette. La famosa resilienza, ovvero quella capacità di far fronte agli eventi per superare le avversità, sembra non bastare più.

    Le basi perché tutto quello che sta accadendo si trasformi in qualcosa di traumatico per la nostra mente ci sono tutte: una serie di eventi incontrollabili, di una certa complessità, imprevedibili, potenzialmente minacciosi e anche duraturi nel tempo.

    Meno male che le cose non sono così automatiche e la nostra mente ci riserva sempre qualche sorpresa, in questo caso positiva.

    Questo perché ci sono una serie di azioni e di possibilità grazie alle quali poter riuscire a gestire in modo più funzionale le nostre emozioni.

    Partiamo dal fatto che il nostro cervello già normalmente necessità di informazioni e quasi ne diventa ghiotto quando si trova ad affrontare eventi che ci mettono davanti all’incontrollabile e all’imprevedibile.

    Quindi, quello che possiamo fare come primo passo è digerire informazioni che però devono essere della giusta quantità, buone e provenienti da fonti affidabili.

    In termini pratici va benissimo informarsi ma dobbiamo essere morigerati nelle quantità e aiutarci nello scegliere quelle poche ma buone informazioni. Buone non nel senso di positive ma che effettivamente ci danno qualche nuova informazione e che ci permettono di comprendere veramente meglio quanto sta accadendo.

    La Protezione Civile in questo senso ha già messo in piedi un portale sul quale trovare utili e preziose informazioni IO NON RISCHIO.

    Punto successivo ma connesso a quanto sopra, evitare di abbuffarsi di informazioni soprattutto sui social.

    Come già detto, è comprensibile che venga voglia di leggersi tutto, scorrere tutti i commenti ecc. ma chiediamoci come questa serie di comportamenti ci fa stare. Generalmente rispondono più alla necessità di gestire l’ansia andando però ad aumentarla più che diminuirla.

    Se ci rendiamo conto che cerchiamo e controlliamo sullo smartphone quasi senza sosta allora STOP. Parlare con qualcuno di quello che sta accadendo sembra una cosa così banale ma l’importante anche qui è come.

    Meglio di persona con amici, parenti, anche con estranei al bar o dal panettiere che sui social. Se non di persona, esiste ancora il telefono.

    Ci sono altri aspetti da considerare e che influiscono sul nostro stato emotivo in senso positivo e fortunatamente stiamo uscendo da tutte le limitazioni imposte per gestire al meglio la pandemia, quindi, è importante riprendere a programmare uscite, viaggi, progetti futuri anche a breve termine. Ad esempio, che fare per il fine settimana?

    Questa serie di azioni favorisce la condivisione, rinforza le reti amicali e rimette in moto quel senso di comunità andato forse un po’ perduto in questi due anni ma che risulta essere un fattore preziosissimo per poter gestire al meglio le nostre emozioni.

    Infine, è più che normale se non ci sentiamo sicuri di dormire in casa nostra, soprattutto per coloro che stanno più vicini all’epicentro, ci mancherebbe.

    Come è normale sperimentare ansia, paura e sentire il cuore in gola ad ogni sussulto. A volte siamo così concentrati sui nostri sensi da non sapere se abbiamo sentito veramente qualcosa o lo abbiamo immaginato. Può succedere e non stiamo impazzendo.

    Se queste percezioni e queste emozioni permangono a lungo, eventualmente possiamo prendere questi segnali come una spia e quindi è bene parlarne con un amico, con un parente, uscire di casa e fare qualcosa che ci permetta di distrarci.

    Possiamo anche provare a mettere in atto alcune tecniche di rilassamento, su YouTube si trovano diversi video dedicati al rilassamento diaframmatico o di respirazione lenta.

    E se ad essere in ansia o preoccupati sono i nostri figli?

    Qui di seguito un decalogo ripreso da una serie di incontri organizzati qualche anno fa dal Comune di San Casciano insieme alla Protezione Civile ed un team di psicologi.

    • Fare caso a certi segnali di disagio (nei disegni, nel gioco, voti, amici, se si isola, irritabilità, maggiore attaccamento, poca concentrazione) ma intenderli come indicatori, non preoccuparsi eccessivamente e non sottovalutarli. Chiedere qualche spiegazione con tono normale e affettuoso. Proporre disegni o racconti.

    • Se l’evento ci ha coinvolto personalmente mostrare più possibile tranquillità, spiegare il perché siamo tristi o spaventati (lo vedono), esprimere speranza per il futuro e che al di là di tutto siamo insieme.

    • Investire parte del nostro tempo nell’ascolto delle sue paure e insegnare cosa sono, da cosa dipendono e come gestirle

    • Cercare insieme a loro le informazioni per capire cosa è successo e rispondere alla loro curiosità, insegnando a ragionare criticamente sulle fonti

    • Se non ci sono impedimenti di varia natura, tornare ai ritmi e le abitudini di prima

    • A scuola: parlarne, fare piccoli laboratori, proporre progetti da fare a casa, creare momenti di condivisione, scrivere racconti o fare disegni. Aiutare a fare condividere le proprie esperienze con gli altri. Come insegnanti, conoscere le varie procedure, anche se non dovessero mai servire, aumentano il senso di efficacia e la capacità di gestione emotiva.

    Veramente alla fine, esistono delle applicazioni per smartphone che ci avvisano di ogni minima scossa avvenuta in zona ma chiediamoci se è veramente utile o se la controlliamo in modo quasi compulsivo, in questo ultimo caso, meglio mettere in atto azioni più utili come quelle elencate sopra.

    Dott.ssa Laura Berti Psicologa

    Dott. Tommaso Ciulli Psicologo e Psicoterapeuta

    @RIPRODUZIONE RISERVATA

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