GREVE IN CHIANTI – Qui c’è la storia dell’enologia chiantigiana. La tradizione, un legame con il passato forte e indissolubile. Siamo a Vignamaggio, nel comune di Greve in Chianti.
Francesco Naldi è agronomo e enologo: “Vignamaggio – inizia a raccontarci durante la nostra visita – è una delle aziende storiche del Chianti Classico fiorentino. Ci sono documenti che attestano che qui si fa vino dai primi del 1400. C’è un documento che dice che Amidio Gherardini produceva vino nel 1404. E’ stata fra le aziende fondatrici del Consorzio del Chianti Classico, fra le prime a imbottigliare. La più vecchia bottiglia che abbiamo adesso in cantina è del 1945: durante la guerra qui c’era la sede del comando tedesco, fecero man bassa”.
Qui si dipana anche un filone delle storie sulla Gioconda di Leonardo Da Vinci: “La Monna Lisa – racconta Naldi – apparteneva alla famiglia Gherardini, che nel Quattrocento ha costruito Vignamaggio. Era una famiglia di parte Ghibellina, esiliata in campagna dopo la vittoria dei Guelfi. Il Castello è stato anche assediato a lungo: trovarono un accordo sulla distruzione degli edifici e venne salvata la vita delle persone. Vignamaggio non ha quindi caratteristiche di tipo militare ma solo di tipo residenziale e abitativo, visto che arrivava dopo accordo di pace”.
I secoli… si susseguono, fino ad arrivare ai giorni nostri: “E’ appartenuta alla famiglia Samminiatelli. Nel 1988 è stata acquisita dall’avvocato Nunziante, romano, che ha intrapreso un’opera importante di ristrutturazione di cantine, vigneti, villa, agriturismo (che non c’era). L’azienda da un punto di vista tecnologico era molto indietro, si è reso necessario un lavoro di investimenti massiccio, anno per anno”.
Oggi Vignamaggio ha 42 ettari di vigneto, produce 200-250mila bottiglie, vendute per i due terzi all’estero. “Anche se molto importante – sottolinea Naldi – è la vendita diretta. Abbiamo un flusso di turisti, anche giornalieri, considerevole. Quasi tutti comprano la bottiglia: è importante il contatto diretto per poi portarsi il vino a casa. Abbiamo anche lo shop on line che sta crescendo molto, siamo capillarmente diffusi. Mercati di riferimento? Usa e Nord Europa, adesso si aprono Cina, Singapore, Corea, Hong Kong”.
Gli chiediamo come valuta la situazione odierna del vino e, in particolare, del Chianti Classico. “Incerta – risponde – Io sono qua da 23 anni: ho vissuto la crisi dopo l’attacco alle due Torri di New York, poi c’era stato un po’ di recupero nel 2005. Il 2008 ha segnato l’inizio del declino. Noi ci difendiamo perchè siamo sul mercato da decenni, ma non c’è mai da dormire sonni tranquilli. Bisogna essere presenti sui mercati, contattare, stare attenti alle novità per la cantina. Il 70% del vino lo fa la vigna, 30% la cantina: se l’uva è eccezionale il percorso è in discesa”.
“Il proprietario – prosegue Naldi – ha sempre fatto l’avvocato con una grandissima passione, anche familiare (quattro figli), per il vino e per questa proprietà in generale. La filosofia di vino? Un forte legame con la zona, dove è inutile voler cercare vini di grandissimo peso e struttura (che fra l’altro stanno passando di moda); puntiamo su vini fini, eleganti, dove il legno non prevalga. Vogliamo che bevano vino e non succo di legno: con un uso della barrique molto contenuto; con l’uso delle botti grandi un po’ più accurato, con pulizia interna ogni periodo di anni (vengono asciate, pulite e rigenerate). Il “puntello” di Merlot e Cabernet è dato senza voler mai snaturare”.
“Qui – ci racconta – abbiamo il Cabernet Franc che è una particolarità: era stato piantato negli anni Cinquanta mescolato con il Sangiovese (vitigni che si chiamavano “i viziati”, ogni azienda aveva i suoi, Malvasia Nera, Mammolo, …). Nel Novanta ci si accorse che questo vitigno era un Cabernet Franc : fu vinificato separatamente e da allora costituisce un vino a se stante: abbiamo re-innestato, impiantato vigneti che adesso hanno 20 anni. E danno risultati interessantissimi: in purezza, ad esempio a Bordeaux, è un vino molto grosso. Qui, con il nostro clima, ha trovato le condizioni per vini non marcatamente peperonacei, vegetali; vengono vini morbidi, eleganti. Ne produciamo 7-8mila bottiglie e il mercato risponde bene, anche se è un vino molto costoso”.
Poi c’è la storia di “Obsession”, una delle etichette più conosciute di Vignamaggio: “C’è una bella storia dietro: nel 1994 fu piantato un vigneto in cui c’erano Merlot, Cabernet e Syrah. Quando entrò in produzione si trattò di capire cosa fare di questo vino. Una piccola parte venne utilizzata per il Chianti Classico. Il proprietario volle fare questo vino con i tre vitigni con prevalenza di Merlot, studiando nome e etichetta. La prima annata fu quella 1996: lui partecipò a una cena in cui Calvin Klein presentava i suoi profumi, e si rese conto che quelli che trovavano i nomi dei profumi erano più bravi di quelli che trovavano i nomi di vini. Che finivanon tutti in “ello” e “aia”… “.
“Da qui – prosegue Naldi – disse: “Perchè non gli diamo il nome di un profumo?”. Nacque così Wine Obsession: per i neofiti, entrati nel vino negli anni Ottanta e Novanta, il vino è un’ossessione. Per le etichette fu contattata una ragazza di Siena, Vita Di Benedetto, pittrice, per trovare un’immagine legata al nome, innovativa. Presentò sei etichette di sei pittori diversi, al proprietario piacquero tutte: in ogni cartone ci sono quindi sei etichette diverse. Ogni 3-4 anni vengono cambiate e ogni volta hanno un tema: la prima serie fu l’ossessione (sogni, incubi); la seconda serie le figure mitologiche (medusa, unicorno); l’ultima, quella che adesso va a finire, l’universo (stelle, astri e corpi celesti). Adesso stiamo partorendo per l’annata 2009 che saranno i fenomeni atmosferici. C’è stata anche un’evoluzione enologica: dal 2007 abbiamo eliminato il Syrah, adesso l’uvaggio è Merlot in prevalenza (60-80%) e Cabernet Sauvignon”.
Qui lavora una quindicina di persone nel settore agricolo fra fissi e a tempo determinato; nella parte agrituristica altrettanti. Si persegue un agriturismo di qualità, sia come proposta che come clientela, con prezzi di fascia medio-alta e con servizi accessori di elevato livello.
Chiudiamo con un accenno al futuro: “Io sono un ottimista – conclude Francesco Naldi – Penso che il lavoro serio alla fine verrà premiato. Se non si sta dietro alle mille mode, ma si ha una propria filosofia, alla fine si è vincenti. E parlo di prezzi, di qualità, di serietà, di rapporto con il cliente… alla lunga è una strategia premiante. Poi noi abbiamo un valore aggiunto fondamentale che è il luogo: quando riusciamo a far capire quello che c’è dietro al vino… siamo già a un buon punto”.
Matteo Pucci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
IL CHIANTI CLASSICO
Quando si apre una bottiglia di Chianti Classico ci si immerge in una storia che parte da lontano. Nei 70.000 ettari del territorio di produzione del Gallo Nero, uno dei luoghi più affascinanti al mondo. Firenze e Siena delimitano il territorio di produzione.
Otto comuni: Castellina, Gaiole, Greve e Radda in Chianti per intero e, in parte, quelli di Barberino Tavarnelle, Castelnuovo B.ga, Poggibonsi, San Casciano.
Un terroir unico per la produzione di vino e olio di qualità; centinaia di etichette garantite dalla DOCG: è vero Chianti Classico solo se sulla fascetta presente sul collo di ogni bottiglia si trova lo storico marchio del Gallo Nero.
Il Consorzio Vino Chianti Classico conta, ad oggi, oltre 600 produttori associati. In questo spazio racconteremo presente e futuro del vino e dell’olio in questo territorio; storie, strategie, rapporto con il mondo. Info: www.chianticlassico.com.