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venerdì 26 Aprile 2024
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    Andiamo alla “scoperta” di San Donato in Poggio facendoci accompagnare da Andrea Piazzini

    Va avanti il “viaggio” del Gazzettino del Chianti, in compagnia del Lions Club Barberino Montelibertas, alla scoperta dei luoghi del nostro territorio insieme agli "under 40"

    SAN DONATO IN POGGIO (BARBERINO TAVARNELLE) – Va avanti il “viaggio” del Gazzettino del Chianti, in compagnia del Lions Club Barberino Montelibertas, alla scoperta dei luoghi del territorio che i giovani hanno vissuto da piccoli e che portano ancora nel cuore.

    Un modo per dare ancora più valore a borghi, piazze, vie, edifici di Barberino Tavarnelle. Visti con gli occhi degli “under 40”, che adesso sono i veri protagonisti della nostra comunità.

    Dopo aver fatto tappa in piazza Matteotti e in piazza della Repubblica, a Tignano, Barberino e Vico d’Elsa, e al teatro di Marcialla… oggi scopriamo il (magnifico) borgo di San Donato in Poggio. Grazie ad Andrea Piazzini.

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    Classe 1987, artigiano pellettiere nell’azienda di famiglia, Andrea ha sempre abitato a San Donato, al quale è attaccatissimo. Dà una mano nell’organizzazione della “Bruscellata” e fa parte della Pro Loco di San Donato.

    Con Andrea facciamo prima un tuffo nella sua infanzia: “Alle elementari, facendo il tempo pieno, uscivamo da scuola alle 17 – inizia Andrea – E andavamo subito al circolo (per i sandonatini… “la casa del popolo”) a prendere il cono da 1.500 lire”.

    “Poi ci spostavamo alla “pista”, che nella bella stagione era molto affollata – ricorda – E’ lì che a sette o otto anni ho imparato ad andare in bici. Giocavamo a nascondino e a campana”.

    “I match a pallone li facevamo nel “tufo” – così Andrea e i suoi amici chiamavano il “campino” vicino alla pizzeria estiva, di cui ci sono ancora le porte – Quanti eravamo, eravamo: giocavamo tutti insieme, senza limiti di numero né distinzioni di età. Andavamo a oltranza, finché non faceva buio. Anche se stavamo 28 a 0, la partita finiva: “Chi fa l’ultimo vince””.

    E poi ripercorriamo l’adolescenza di Andrea. Anche questa trascorsa a San Donato. Negli stessi luoghi dell’infanzia (che magari per lui, essendo cresciuto, avevano assunto un valore diverso) e in altri.

    “Il circolo, gestito da Stefano e dalla Gigliola, ha segnato anche la mia adolescenza – ci racconta Andrea – Andavamo “a fittonate”: c’era il periodo del biliardo, poi quello dei “torneini” di ping pong e calcino, delle carte…”.

    “Il tutto sotto gli occhi di personaggi che erano delle vere e proprie istituzioni del paese – dice, sorridendo – Tipo “Foffo”, “i’ Picchio” e Donato. Si mettevano dietro di noi a dire: “Tu dovevi giocare la briscola, non l’asso”, o viceversa. A parte gli scherzi, ci tengo a ringraziarli: anche se a volte i metodi non erano propriamente… ortodossi, ci hanno insegnato tante cose”.

    “E poi il bello era che ogni bar a quei tempi aveva la sala giochi – prosegue – E quello spazio era esclusivamente dei giovani. Giocavamo a “Virtua Striker”, “Metal Slug”, e a “Puzzle Bobble”, in cui… detenevo il record”.

    “C’era anche il juke-bok, coloratissimo – aggiunge – dove ognuno con 500 lire metteva la canzone che più gli piaceva”.

    “Il “Bar Pieri”, l’altro bar di San Donato nonché unico tabacchino – quello in cima alla salita, vicino a Porta Senese – lo porto nel cuore grazie a Maurizio, purtroppo venuto a mancare qualche anno fa”.

    “Maurizio era il classico barista vecchio stampo: che andassi alle 8 di mattina, alle 16 o alle 21, dietro il bancone c’era sempre e solo lui – Andrea ci tiene a ricordarlo – Ci ha visto crescere, ci voleva un gran bene. Aveva sempre la battuta pronta, ci si becchettava a suon di prese in giro. Appena entravo, mi diceva: “Dimmi, bellino… per modo di dire eh!”. Era un finto burbero Maurizio”.

    “Un “monumento storico” di San Donato è il “muretto del Pieri”, di fronte al bar – va avanti – I ragazzi più grandi parcheggiavano i motorini lì davanti: era l’epoca del Ciao e del Sì. Si sedevano sul muretto a chiacchierare con la birra in una mano, la sigaretta nell’altra. Li guardavo con invidia: avrei voluto essere grande, come loro”.

    “Se da bambino ci stavo di giorno – rivive quei momenti come fossero ora – da adolescente l’ho vissuta di sera, la “pista”. O, meglio, le scalette adiacenti alla “pista”. Erano un posto nostro, lontano da occhi indiscreti, nascosto dai cipressi e dalla cabina elettrica. Lì abbiamo fumato le prime sigarette”.

    “Per me vivere in paese è sempre stato un valore aggiunto, che mi ha arricchito – conclude Andrea, orgoglioso del “suo” piccolo grande paese – San Donato è come una grande famiglia”.

    @RIPRODUZIONE RISERVATA

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