SAN DONATO IN POGGIO (BARBERINO TAVARNELLE) – Va avanti il “viaggio” del Gazzettino del Chianti, in compagnia del Lions Club Barberino Montelibertas, alla scoperta dei luoghi del territorio che i giovani hanno vissuto da piccoli e che portano ancora nel cuore.
Un modo per dare ancora più valore a borghi, piazze, vie, edifici di Barberino Tavarnelle. Visti con gli occhi degli “under 40”, che adesso sono i veri protagonisti della nostra comunità.
Dopo aver fatto tappa in piazza Matteotti e in piazza della Repubblica, a Tignano, Barberino e Vico d’Elsa, e al teatro di Marcialla… oggi scopriamo il (magnifico) borgo di San Donato in Poggio. Grazie ad Andrea Piazzini.
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Classe 1987, artigiano pellettiere nell’azienda di famiglia, Andrea ha sempre abitato a San Donato, al quale è attaccatissimo. Dà una mano nell’organizzazione della “Bruscellata” e fa parte della Pro Loco di San Donato.
Con Andrea facciamo prima un tuffo nella sua infanzia: “Alle elementari, facendo il tempo pieno, uscivamo da scuola alle 17 – inizia Andrea – E andavamo subito al circolo (per i sandonatini… “la casa del popolo”) a prendere il cono da 1.500 lire”.
“Poi ci spostavamo alla “pista”, che nella bella stagione era molto affollata – ricorda – E’ lì che a sette o otto anni ho imparato ad andare in bici. Giocavamo a nascondino e a campana”.
“I match a pallone li facevamo nel “tufo” – così Andrea e i suoi amici chiamavano il “campino” vicino alla pizzeria estiva, di cui ci sono ancora le porte – Quanti eravamo, eravamo: giocavamo tutti insieme, senza limiti di numero né distinzioni di età. Andavamo a oltranza, finché non faceva buio. Anche se stavamo 28 a 0, la partita finiva: “Chi fa l’ultimo vince””.
E poi ripercorriamo l’adolescenza di Andrea. Anche questa trascorsa a San Donato. Negli stessi luoghi dell’infanzia (che magari per lui, essendo cresciuto, avevano assunto un valore diverso) e in altri.
“Il circolo, gestito da Stefano e dalla Gigliola, ha segnato anche la mia adolescenza – ci racconta Andrea – Andavamo “a fittonate”: c’era il periodo del biliardo, poi quello dei “torneini” di ping pong e calcino, delle carte…”.
“Il tutto sotto gli occhi di personaggi che erano delle vere e proprie istituzioni del paese – dice, sorridendo – Tipo “Foffo”, “i’ Picchio” e Donato. Si mettevano dietro di noi a dire: “Tu dovevi giocare la briscola, non l’asso”, o viceversa. A parte gli scherzi, ci tengo a ringraziarli: anche se a volte i metodi non erano propriamente… ortodossi, ci hanno insegnato tante cose”.
“E poi il bello era che ogni bar a quei tempi aveva la sala giochi – prosegue – E quello spazio era esclusivamente dei giovani. Giocavamo a “Virtua Striker”, “Metal Slug”, e a “Puzzle Bobble”, in cui… detenevo il record”.
“C’era anche il juke-bok, coloratissimo – aggiunge – dove ognuno con 500 lire metteva la canzone che più gli piaceva”.
“Il “Bar Pieri”, l’altro bar di San Donato nonché unico tabacchino – quello in cima alla salita, vicino a Porta Senese – lo porto nel cuore grazie a Maurizio, purtroppo venuto a mancare qualche anno fa”.
“Maurizio era il classico barista vecchio stampo: che andassi alle 8 di mattina, alle 16 o alle 21, dietro il bancone c’era sempre e solo lui – Andrea ci tiene a ricordarlo – Ci ha visto crescere, ci voleva un gran bene. Aveva sempre la battuta pronta, ci si becchettava a suon di prese in giro. Appena entravo, mi diceva: “Dimmi, bellino… per modo di dire eh!”. Era un finto burbero Maurizio”.
“Un “monumento storico” di San Donato è il “muretto del Pieri”, di fronte al bar – va avanti – I ragazzi più grandi parcheggiavano i motorini lì davanti: era l’epoca del Ciao e del Sì. Si sedevano sul muretto a chiacchierare con la birra in una mano, la sigaretta nell’altra. Li guardavo con invidia: avrei voluto essere grande, come loro”.
“Se da bambino ci stavo di giorno – rivive quei momenti come fossero ora – da adolescente l’ho vissuta di sera, la “pista”. O, meglio, le scalette adiacenti alla “pista”. Erano un posto nostro, lontano da occhi indiscreti, nascosto dai cipressi e dalla cabina elettrica. Lì abbiamo fumato le prime sigarette”.
“Per me vivere in paese è sempre stato un valore aggiunto, che mi ha arricchito – conclude Andrea, orgoglioso del “suo” piccolo grande paese – San Donato è come una grande famiglia”.
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