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mercoledì 16 Luglio 2025
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    Altiero: l’elettrica giovinezza di Paolo Baldini, sui colli di Montefioralle

    Paolo Baldini è travolgente: ci accoglie nella sua azienda agricola, sulla “terrazza” naturale che domina Montefioralle, assieme alla moglie Samuela.

    E’ giovane Paolo, ha poco più di trent’anni. E un entusiasmo straordinario: “Altiero – ci racconta spiegandoci il nome dell’azienda agricola – è mio nonno. Lui era il fattore dell’Azienda Agricola del dottor Gianfranco Pecchioli. Era enorme, 500 ettari: quando venne ceduta, la mia famiglia acquistò questo pezzo di terra con un fienile. Il nonno era amico del figlio del Pecchioli, si erano laureati insieme in agraria, eravamo nel 1974. Poi, nel 1984, si iniziò a produrre vino per la famiglia, per gli amici…”.

    La svolta imprenditoriale l’ha data proprio Paolo, nel 2001. Quando, davvero giovanissimo e fresco di diploma Agro Forestale, ha deciso che questa era la sua strada: “Non ero proprio adatto a fare l’operaio in fabbrica – sorride – Per me era impossibile allontanarmi dalla vigna e dai boschi dove mi portava sempre il nonno Nello. La mia prima bottiglia? E’ del 2001, ne imbottigliavamo circa 1.000. Oggi siamo intorno a 10-12mila”.

    Chiediamo a Paolo cosa voglia dire per lui fare il vino: “Per me è tutto – risponde senza esitazioni – è passione, è raggiungere lo scopo principale di tutto l’anno. Tanti vendono l’uva, il vino sfuso: non ti emoziona quanto stappare una bottiglia del tuo vino e farla assaggiare alle persone. E non è certo un percorso semplice: il Sangiovese è un’uva un po’ “ignorante”; ci manca l’appeal del Barolo, del Brunello, … . Farlo degustare e apprezzare come si deve è quindi difficile, ma è anche un grosso piacere: quasi tutti i giorni, da marzo ad aprile, abbiamo persone a fare degustazione”.

    La vendita diretta è il cuore dell’azienda di Paolo. “Molte guide turistiche ci apprezzano – racconta – siamo diventati anche amici. Gli piace il fatto che siamo giovani, che siamo piccoli, che ci stiamo dietro noi. Io esco dal campo fangoso, vado e spiego”.

    Subentra Samuela, la moglie: “Una cosa che piace tanto alla gente è che lui è al lavoro, spesso con il suo babbo Maurizio, e non si accorge nemmeno che ci sono degli ospiti. Magari sono a coprire un grappolo con una foglia per proteggerla dal sole, … . Chi non capisce cosa c’è dietro a una bottiglia di vino o d’olio vede questa cura e questa attenzione per un prodotto che ci dà la natura. E si emoziona”.

    “Poi passano nei filari – continua Paolo – e chiedono come mai c’è l’uva in terra. Allora spieghiamo che è meglio produrre qualcosa in meno ma di qualità migliore. Così magari capiscono perchè i nostri prezzi sono maggiori di altri. Le olive? Li porti sull’olivo e fai vedere come funziona: c’è anche chi è tornato a cogliere le olive. O chi è venuto fin qui per appendere a un olivo un ricordo di una persona che non c’è più e che aveva chiesto di lasciare un nastro nel posto più bello del mondo”.

    L’azienda ha tre ettari di vigneto e 1.500 piante di olivo, ma Paolo non si ferma. “Io ho acquistato un pezzo nuovo – ci dice – ho in affitto vigneti, e in più sto per piantare 7.000 metri di Sangiovese che entrerà in produzione nel 2016. Ho tutto Sangiovese e 500 piante di Merlot. E poi, finalmente, dopo anni di attesa, ci hanno dato anche il permesso per fare la cantina: 200 metri quadri con la casa della mia famiglia che sorgerà sopra. Ho acquistato anche l’imbottigliatrice e etichettatrice, almeno sono più libero nelle mie scelte di imbottigliamento”.

    Si allarga il cuore quando si parla con un giovane imprenditore agricolo come Paolo Baldini: spiega il suo progetto mentre ti porta in giro per la sua campagna, traccia le linee della sua cantina e della sua casa (ma poi c’è una differenza fra le due…?) con le mani nell’aria. E’ elettrico, positivo e propositivo.

    “Io – ammette – sono soddisfatto. L’80% delle bottiglie le smaltisco con la vendita diretta: con la crisi che c’è in Italia e nel mondo, noi abbiamo venduto tutto il prodotto imbottigliato fra gennaio e marzo senza arrivare a fine anno. E’ chiaro che non è una produzione enorme, ma intanto… abbiamo finito tutto”.

    “Crediamo tanto nel Chianti Classico come tradizione – prosegue – E la tradizione è quella di berlo in famiglia, fra amici. Quando le persone vengono qua vogliamo che si sentano a casa loro. Siamo andati un po’ contro corrente: quando l’economia ha iniziato ad andare giù per andare incontro al mercato americano molti produttori hanno cambiato la tradizione del Chianti Classico. Noi utilizziamo barrique usatissime, non c’è blend (Sangiovese al 100%) e adesso apprezzano. Se proprio non gli piace… faccio comunque anche un Igt”.

    Salutiamo Paolo e Samuela, con un bel sole di fine inverno che riscalda: “Qui – ci dice salutandoci questo giovane imprenditore agricolo – possiamo essere contenti anche perchè si è mantenuta l’amicizia fra i contadini, l’aiutarsi quando ce n’è bisogno. Anche perchè spesso basta solo un consiglio: che nessuno, ancora, ti nega”.

    Matteo Pucci

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    IL CHIANTI CLASSICO

    Quando si apre una bottiglia di Chianti Classico ci si immerge in una storia che parte da lontano. Nei 70.000 ettari del territorio di produzione del Gallo Nero, uno dei luoghi più affascinanti al mondo. Firenze e Siena delimitano il territorio di produzione.

    Otto comuni: Castellina, Gaiole, Greve e Radda in Chianti per intero e, in parte, quelli di Barberino Tavarnelle, Castelnuovo B.ga, Poggibonsi, San Casciano.

    Un terroir unico per la produzione di vino e olio di qualità; centinaia di etichette garantite dalla DOCG: è vero Chianti Classico solo se sulla fascetta presente sul collo di ogni bottiglia si trova lo storico marchio del Gallo Nero.

    Il Consorzio Vino Chianti Classico conta, ad oggi, oltre 600 produttori associati. In questo spazio racconteremo presente e futuro del vino e dell’olio in questo territorio; storie, strategie, rapporto con il mondo.  Info: www.chianticlassico.com.

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