“Oh, ma lo sai che sono mesi che cerco una persona da inserire nella nostra azienda artigiana, o come apprendista, o come operaio già formato, ma non trovo nessuno. Di questo passo sarò costretto a ridurre i clienti, e rinunciare a ogni possibilità di sviluppo che invece ci sarebbe”.
Me lo spiegava proprio l’altro giorno un artigiano del territorio del Chianti fiorentino, settore caldaie, raccontandomi una difficoltà che poi, da una analisi sul campo piuttosto empirica (senza fini statistici, per carità) ho comunque consolidato.
Dal proprietario di una toilette per cani che da mesi cerca uno o due apprendisti, a aziende del settore metalmeccanico, elettricisti… .
Tutti accomunati da una medesima situazione: cercano manodopera, formata o da formare, ma non la trovano.
Premessa d’obbligo: tutti ovviamente forniscono regolari contratti, sia che si tratti di operai che di apprendisti. Contratti con prospettive, non parliamo di attività a tempo, 3-6 mesi. Parliamo di iniziare un percorso.
In particolare, mi dicono, le risposte del mondo under 30, under 25, sono sconfortanti.
Il valore dell’apprendistato, dell’imparare un mestiere, che per decenni è stata una delle spine dorsali del nostro Paese, si è come vaporizzato.
E incanalare la discussione sul reddito di cittadinanza, come fanno alcune forze politiche, serve solo a distogliere l’attenzione, a gettare nel calderone un qualcosa di mero impatto mediatico.
Certo, il RdC è da rivedere. Modificare e cambiare. Deve essere un qualcosa che fa galleggiare chi sta per affogare, aiutandolo poi a riemergere.
Ma qui, nelle nostre zone, in cui il ricorso al reddito di cittadinanza è peraltro di molto inferiore a quel che accade in altre aree del Paese, limitare la discussione a questo sarebbe come rispondere picche quando ti chiedono fiori.
Servirebbero, innanzi tutto, associazioni di categoria presenti e sul pezzo. A partire da Confartigianato e Cna.
Io auspico, ad esempio, che fra qualche settimana mi contattino e mi dicano: “Abbiamo svolto una indagine fra i nostri associati, mancano questo, questo e questo profilo. Potete aiutarci a diffondere la notizia?…”.
Per noi sarebbe un piacere, come lo è sempre stato, dare spazio a chi cerca lavoratori. E’ una delle cose più nobili che può fare chi ha eco mediatico.
Ma come mai c’è questa sfasatura fra domanda e offerta di lavoro? E, al di là delle mie “analisi sul campo”, c’è effettivamente?
Servirebbero Centri per l’Impiego dinamici, che al pari delle associazioni di categoria analizzino, studino, e diffondano informazioni sulla situazione territoriale. Avremmo così un quadro esatto, sia dal lato domanda che da quello dell’offerta di lavoro.
Le famiglie stesse dovrebbero interrogarsi al loro interno, perché la sensazione è anche che in qualche caso manchi proprio il “bisogno” di avere un lavoro (al di là dei percorsi formativi universitari). Insomma, si riesce a tirare avanti senza doversi sporcare le mani.
Io non ho risposte. Ho solo tante domande su uno dei settori, assieme a quello della salute, più importanti nella vita di ciascuno di noi.
E al quale tutti dovrebbero volere un po’ più bene. Farlo tornare a essere, come è e come è sempre stato, un valore fondante della nostra quotidianità.
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