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martedì 15 Ottobre 2024
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    Distrutto il ciliegio il memoria di Daniele. Volete le telecamere? Ok, ma mettiamole dentro ogni casa

    Sempre più spesso, di fronte a quasi tutto, la richiesta è sempre la stessa: mettete più telecamere. E se, invece, le accendessimo dentro le nostre case? Cosa riprenderebbero?

    Ci sono notizie che mi fanno prudere le mani.

    Gli atti di vandalismo, le distruzioni di beni pubblici, gli abbandoni indiscriminati di rifiuti sono fra queste. Purtroppo ne diamo conto con costanza, in tutti i nostri territori.

    L’ultima in ordine di tempo mi ha provocato un misto di dolore, rabbia, repulsione. Disgusto vero e proprio.

    Sto parlando della distruzione (la seconda) del ciliegio piantato al Parco del Poggione, a San Casciano, in memoria di Daniele Bandinelli, il “Dinu”, dai suoi amici.

    Se penso alla tranquillità, alla compostezza, all’educazione e al sorriso di Daniele, che anche io conoscevo, il disgusto è ancora maggiore.

    Già una volta era stato danneggiato, ma con amore erano riusciti a salvarlo. Stavolta, purtroppo, non ci sarà niente da fare.

    Vergogna: distrutto (di nuovo) il ciliegio piantato al Poggione in memoria di Daniele Bandinelli

     

    Premessa: le autorità stanno indagando. Spero con tutto il cuore che riescano a trovare i responsabili. Che vengano identificati. E che si percorrano tutte le strade per quanto riguarda le pene. Che siano rigorose.

    Ma appena pubblicata la notizia, sui nostri canali social i commenti si sono diretti verso una direzione unica: telecamere, telecamere, telecamere.

    Così come quando avviene un abbandono di rifiuti: telecamere, telecamere, telecamere.

    Come se questi fenomeni (gli atti vandalici o gli abbandoni criminali di spazzatura) fossero naturali: e dovessimo cercare di monitorarli, che so, come uno tsunami o un’allerta meteo.

    La realtà che invece ognuno nasconde a se stesso è che sono tutti fenomeni umani, generati dall’uomo, perpetrati dall’uomo. E bisognerà che prima o poi ne prendiamo atto e capiamo bene dove stiamo dirigendo la prua di questa barca.

    Certo, qualche telecamera sul territorio deve esserci, è utile e necessaria. Anche le forze dell’ordine ce le chiedono.

    Ma se pensiamo di poter monitorare qualsiasi ciliegio in memoria di Daniele o qualsiasi piazzola, angolo di bosco, panchina, con una telecamera… siamo messi male.

    E non per un discorso di privacy, quella chiunque abbia uno smartphone in tasca l’ha già persa da tempo (in modo più o meno consapevole).

    Ma per un ragionamento molto banale: le telecamere ovunque NON sono la soluzione.

    Non lo sono per motivi pratici (avete presente vero che basta il cappuccio di una felpa sulla testa per rendersi non identificabili?). Non lo sono per motivi evidentemente quantitiativi (ci sarà sempre un “angolo” scoperto di territorio). E per motivi, diciamo così, sociologici.

    Perché si torna lì. Coloro che hanno distrutto il ciliegio in memoria di Daniele (e anche la pensilina degli autobus poco distante), sono con ogni probabilità minorenni. Hanno famiglie. Che succede in queste famiglie? Come si affrontano i temi quotidiani? La scuola? Gli sport? Le prime delusioni? I rapporti fra bambini? Fra ragazzi? Con gli adulti?

    Ecco, io sono d’accordo per le telecamere. Ma in ognuna delle nostre case. Un bel grande fratello dell’educazione domestica, di come stiamo tirando su queste generazioni del futuro. Quelle nate immerse dentro il digitale (ne avevo già parlato qui).

    Accendiamole allora le telecamere nelle nostre famiglie, nelle nostre case. Lì dove vengono poste le basi di tutto quello che poi accadrà fuori.

    In realtà delle istantanee le forniamo già, mettendo di tutto sui social. E non è, in molti casi, un bel panorama.

    Si vedono cose, ad esempio, che mi lasciano sempre più a bocca aperta. Un’abbuffata continua che sembra non saziare mai abbastanza.

    Terza media festeggiata con feste notturne che scimmiottano quelle degli adulti; maturità celebrate fuori dai cancelli con fumogeni, bottiglie di spumante o champagne, in alcuni casi “neo maturi” con il sigaro in bocca (come i calciatori dopo le finali vinte) fotografati con orgoglio dai parenti e postati sul web. In una sorta di corto circuito fra età diverse, realtà diverse, eventi diversi. Mondi diversi.

    Gli esempi (e ovviamente per quel che penso io, qui scrivo una volta ogni tanto quelle che sono le mie di opinioni) potrebbero essere mille. Non mi dilungo.

    Diciamo che riassumono spesso figli che scimmiottano in modo sempre più rapido le età successive. Come atteggiamenti. Come abbigliamento. Come utilizzo delle tecnologie. In una sorta di corsa senza fine verso non si sa cosa.

    Educazione ed onestà. Pudore e sobrietà. Amore e rigore. Semplicità e creatività. Rispetto e tolleranza. Empatia e capacità degli adulti di essere comprensivi ma anche rigorosi. Dare il buon esempio.

    Vivere la vita un passo alla volta, con i suoi tempi. Con la capacità di capirsi e di affrontare gli errori reciproci. Genitori che siano genitori. Nonni che siano nonni.

    La famiglia come base di un percorso che poi si intreccia nella scuola, nello sport, nelle amicizie. Cercando sempre di farlo in modo costruttivo, critico solo quando serve.

    Senza addossare ad altri le proprie frustrazioni, i propri errori, le proprie mancanze. Essendo in grado di guardare i propri figli, allo stesso tempo, da fuori e da dentro.

    Se le telecamere accese nei nostri soggiorni, nelle nostre cucine, sulle nostre tavole, riprendessero questo, non ci sarebbe bisogno di quelle che vengono chieste a gran voce a ogni angolo di strada. O, se non altro, ne servirebbero molte, molte meno.

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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