SAN CASCIANO – A poco più di dieci giorni dall’entrata in vigore, il 6 novembre scorso, del nuovo Dpcm per contrastare l’emergenza da Coronavirus, la paura di molti si è concretizzata: le strade di San Casciano e dei paesi limitrofi sono di nuovo silenziose.
Da domenica 15 novembre, quando la Toscana è diventata “zona rossa”, la terza (e più pesante) ondata di restrizioni si è abbattuta anche sulla vita del Comune e dei suoi abitanti, rallentandone il ritmo quotidiano in modo drastico.
Salvo che per motivi di lavoro, necessità e salute gli spostamenti sono sempre vietati, bar e ristoranti restano chiusi al pubblico sette giorni su sette, così come la maggior parte dei negozi che non vendono beni alimentari e di prima necessità.
Inoltre, nei diversi gradi d’istruzione la didattica prosegue a distanza, fatta eccezione per scuola dell’infanzia, scuola elementare e prima media. Chiuse anche le università, tranne che per particolari casi.
Queste sono solo alcune delle norme che, rimanendo invariate o aggiungendosi alle precedenti di “fase gialla” e “fase arancione”, hanno chiesto un ulteriore (e necessario) sacrificio a tutti i cittadini per cercare di contenere la curva dei contagi.
Come hanno reagito i settori più colpiti dalla nuova ordinanza? Quali previsioni si prospetta lo studente e il lavoratore riguardo a un possibile scenario futuro? Il Gazzettino del Chianti cerca di fare il punto della situazione con quattro testimonianze.
Partiamo da Vittoria, studentessa sancascianese di diciannove anni all’ultimo anno del liceo di scienze umane.
Una maturità da affrontare, progetti per il post diploma, ma anche dubbi e interrogativi riguardo alla situazione presente e alle sue possibili conseguenze a breve e lungo termine.
“Il momento è difficile per tutti – dice Vittoria – cerco di adattarmi alla didattica a distanza, ma come è immaginabile con questa modalità ne risentono la qualità dell’insegnamento, l’apprendimento e le relazioni con i professori e i compagni di classe”.
“Il tempo delle lezioni è ridotto – prosegue – di conseguenza non sarà possibile affrontare tutti gli argomenti del programma. Spero davvero che queste lacune non abbiano un impatto negativo sul proseguimento dei miei studi universitari”.
C’è poi chi ha avviato da poco una nuova attività commerciale, come Julie che lo scorso ottobre aveva inaugurato il suo negozio di fiori a Mercatale.
Una buona partenza, ma l’aggravarsi della situazione sanitaria ha bussato presto alla sua porta.
“Prima del nuovo Dpcm – racconta Julie – il paese aveva risposto bene, i clienti entravano in negozio, prenotavano o acquistavano direttamente i loro fiori. Ma le nuove restrizioni, che hanno bloccato cerimonie ed eventi, hanno ridotto nettamente la clientela”.
“Un fiore resta tre giorni esposto – continua – dopodiché, se non è stato acquistato, deve essere buttato ed è guadagno perso. Mi auguro solo che queste restrizioni salvino il Natale e le festività, altrimenti le previsioni sono tutt’altro che positive”.
Peggiore la situazione per bar e ristoranti, che possono servire il cliente solo con servizio di asporto e consegna a domicilio.
Niente di nuovo, perché l’ordinanza era già attiva in “fase arancione” e non ha subito ulteriori variazioni.
“Finché eravamo aperti a pranzo abbiamo lavorato – dice Stefano, proprietario del ristorante La Botte a San Casciano – ma adesso la situazione è diventata critica, perché il solo asporto non basta”.
“Proviamo ad arrangiarci – prosegue Filomena, responsabile insieme al marito Salvatore del Bar Centrale a San Casciano – i clienti affezionati ci aiutano ordinando d’asporto”.
“Ma il futuro è molto incerto – conclude – e sarà necessario del tempo per tornare alla normalità”.
@RIPRODUZIONE RISERVATA