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mercoledì 10 Settembre 2025
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    I debiti del condominio. Chi li paga quando qualcuno non paga? Tutte… le risposte

    Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni di un edificio condominiale, così come per la prestazione di servizi di interesse comune, sono a carico dei singoli condomini in misura proporzionale al valore delle rispettive proprietà (art. 1123 c.c.).

     

    Il principio generale trova eccezione nel caso in cui vi siano beni destinati a servire tutti i condomini in misura diversa, si pensi ad esempio all'ascensore, o quando la natura del bene ne consenta l'utilizzo soltanto ad alcuni, come può accadere quando un edificio abbia più scale che consentono l'accesso soltanto ad alcuni degli appartamenti, o più cortili.

     

    In queste ipotesi le spese sono ripartite proporzionalmente sulla scorta del diverso uso, più o meno intenso, con esclusione dalla contribuzione per chi rimane estraneo al servizio o al godimento.

     

    Se non vi è dubbio che ogni singolo condomino debba contribuire alle spese per le parti comuni,  i problemi sorgono quando alcuni condomini si fanno carico dei loro obblighi ed altri restano morosi nei pagamenti

     

    Prima della recente legge di riforma (L. 220/2012), si riteneva che il debito contratto dal condominio nel suo complesso, dovesse essere corrisposto per intero da ogni singolo condomino, indipendentemente dalla quota millesimale di sua pertinenza e dal fatto che lo stesso avesse già eventualmente provveduto a versarla (c.d. solidarietà).

     

    Il creditore insoddisfatto, poteva aggredire il patrimonio del singolo condomino per ottenere l'intero pagamento, salvo il diritto di colui che aveva pagato l'intero debito, di richiederlo agli altri condomini (c.d. rivalsa).

     

    In realtà, poichè le norme non erano chiare, la giurisprudenza aveva già escluso in alcune pronunce  la piena solidarietà fra i condomini verso terzi, stabilendo che il creditore non potesse procedere nei confronti di ciascuno per l'intera somma dovuta.

     

    Dal 18 giugno 2013, data di entrata in vigore della riforma, in caso di mancato pagamento da parte di alcuni condomini delle loro quote e di conseguente inadempimento nei confronti del terzo creditore da parte del condominio, si applica la nuova disciplina.

     

    Il meccanismo che esclude la possibilità di chiedere l'intero debito al singolo, è stato introdotto facendo in modo che le quote che i singoli debbono versare ai terzi, siano oggetto di controllo continuo da parte dell'amministratore, in modo da agevolarne la riscossione, è dall'obbligo di controllo che consegue l'impossibilità di agire per l'intero nei confronti del singolo.

     

    Il nuovo testo dell'art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile, proprio allo scopo di rendere più facile ai terzi la riscossione dei loro crediti, stabilisce che l'amministratore possa ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo nei confronti del condomino che non corrisponda la sua quota (c.d. moroso) senza dover chiedere autorizzazione all'assemblea, come invece era necessario in precedenza.

     

    È quindi l'amministratore il soggetto che, in prima battuta, deve assicurarsi che le quote siano versate nei tempi previsti, ed è lui a dovere agire tempestivamente nei confronti degli inadempienti, in modo che i fondi necessari a saldare i debiti del condominio siano raccolti e corrisposti secondo le scadenze.

     

    L'amministratore è, inoltre, tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino, i dati di coloro che non sono in regola con i pagamenti, allo scopo di consentire a chi vanta i crediti di agire.

     

    La possibilità di chiedere l'importo a chi ha già corrisposto la sua quota, infatti, è limitata alla sola ipotesi in cui persista la morosità di alcuni.

     

    In conclusione, se da un lato si tutela il condomino corretto, dall'altro si rende un po'  più gravosa la posizione del creditore.

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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