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sabato 26 Aprile 2025
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    Animali vaganti: danni all’agricoltura e sulle strade. Chi paga?

    Sono ormai numerosi i fatti di cronaca riportati da questa e da altre testate, che ci raccontano di incidenti e danni causati dagli animali selvatici.

     

    I danni che si verificano più frequentemente riguardano le coltivazioni agricole, sottoposte sistematicamente ad “attacchi” da parte della selvaggina affamata.

     

    Negli ultimi tempi, e sempre più spesso, però, si sono verificati anche danni alle cose o dalle persone, talora purtroppo anche con esito fatale, derivati dall’attraversamento delle strade, non sempre e non necessariamente isolate.

     

    In questi ultimi casi, le conseguenze sono state spesso più gravi per gli animali che per l’uomo, ma il numero sempre più crescente degli animali selvatici, tra cui cinghiali, caprioli, cervi, daini, istrici e consimili, ha attirato l’attenzione dei media, fino a far parlare di emergenza nazionale.

     

    Le misure prese a livello locale e regionale per cercare di arginare il fenomeno, hanno comportato l’approvazione di norme dirette a ridurre la popolazione animale esistente o comunque a dissuaderla dalla frequentazione di luoghi abitati.

     

    Alla prevenzione, però, non si sono unite misure puntuali dirette a risarcire chi il danno abbia già subito, se non in casi assai limitati e circoscritti.

     

    Fino all’introduzione delle norme sulla protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio (l. 175/92 c.d. “legge quadro sulla caccia”), gli animali selvatici vaganti erano considerato come “cosa appartenente a nessuno” (res nullius), e poichè non appartenevano a nessuno, nessuno era obbligato a risarcire i danni che producevano, fossero essi alle culture, o riguardassero la circolazione stradale.

     

    A seguito dell’entrata in vigore della legge sulla caccia, la fauna è entrata a far parte del patrimonio indisponibile dello Stato, che ne è divenuto “proprietario” a tutti gli effetti per scopi di tutela, anche ambientale.

     

    I compiti di controllo, tutela e gestione della fauna, però, non sono stati assegnati dalla legge direttamente allo Stato, ma sono stati attribuiti alle Regioni, che a loro volta, potevano delegarli alle province, oggi confluite nelle Città Metropolitane.

     

    Un breve vademecum, dunque, per chi abbia subito danni alle culture o dalla fauna vagante.

     

    DANNI ALLE COLTURE

     

    La legge della Regione Toscana n. 3 del 12 gennaio 1994, ha istituito un apposito fondo destinato alla prevenzione ed al risarcimento dei danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole. Il meccanismo di risarcimento, viene attuato mediante l’approvazione di un Piano Agricolo Forestale Regionale (P.R.A.T.), grazie al quale è possibile accedere ai fondi stanziati.

     

    Il limite fissato dalla normativa, è che coloro che abbiano subito un danno non siano aziende di produzione faunistica o venatoria, che il danno superi un limite minimo di 100 euro, e che il medesimo possa essere verificato con accertamento diretto. Il danno, dunque, deve riguardare culture ancora non raccolte o il cui periodo di maturazione non sia già trascorso al momento del danno.

     

    Solo per fare un esempio, un danno ad una vigna già vendemmiata, non sarebbe oggetto di ristoro per quanto riguarda la produzione vinicola.

     

    Oltre a ciò, non sono risarcibili i danni di cui non sia possibile individuare la causa e quelli a piante o erbe spontanee.

     

    Un’altra esclusione particolare, riguarda i danni subiti da culture impiantate a seguito  dell’erogazione di contributi dell’Unione Europea, nell’ipotesi che non siano state eseguite le previste opere di protezione dalla fauna selvatica.

     

    ANIMALI VAGANTI

     

    La questione del diritto al risarcimento dei danni cagionati dalla fauna vagante, è invece assai più controversa, poichè non esistono leggi speciali che regolano il diritto al risarcimento, ma vigono i principi generali.

     

    Il “proprietario” degli animali selvatici (attualmente, in senso lato,  la Regione), dunque, risponde dei danni arrecati, ma a differenza dei proprietari degli animali domestici, nella sola ipotesi che, con il suo comportamento, anche omissivo, abbia determinato l’evento lesivo.

     

    Per l’animale domestico, addomesticato o adibito ad attività produttiva, esiste una presunzione di responsabilità a carico del proprietario, in caso di danni, che deriva dal rapporto di affezione o di carattere produttivo.

     

    Tale rapporto, determina un potere di controllo, che in caso di danni a terzi viene meno, ed obbliga al risarcimento a meno di prova di un caso fortuito (art 2052 codice civile).

     

    La presunzione di responsabilità però, non vale nel caso dell’animale selvatico, poichè il suo “proprietario”, la collettività rappresentata dall’Ente Regione, non ha alcun rapporto che lo lega all’essere animato e non sussiste alcun obbligo specifico di controllarne l’attività.

     

    Agli animali selvatici vaganti, si applicano le regole generali in tema di responsabilità civile, e colui che ha subito un danno, ha l’onere di provare in giudizio che i fatti posti a fondamento della sua domanda siano la conseguenza di un comportamento quantomeno colposo del proprietario del bene.

     

    Eliminati i termini giuridici, non sarà sufficiente a giustificare l’accoglimento di una richiesta di risarcimento, la circostanza che un animale vagante abbia attraversato una strada extraurbana e si sia reso responsabile di un incidente stradale colpendo un autoveicolo.

     

    Sarà necessario che il danneggiato dimostri che l’Ente proprietario della strada non abbia adottato tutte le misure idonee a ridurre il più possibile il rischio di attraversamenti.

     

    Non esiste una casistica specifica dei comportamenti idonei ad evitare ogni “possibile” rischio, poichè ciò è di fatto impossibile.

     

    La giurisprudenza tuttavia, ritiene che possano costituire misure idonee e doverose, in zone particolarmente soggette al transito della selvaggina, oltre alla manutenzione dei cigli stradali per garantire la visibilità, l’installazione di reti o di segnali catarifrangenti ai bordi. L’indagine sulla risarcibilità, o meno, di un danno del genere, pertanto, dovrà tenere conto di tutti i fattori indicati.

     

    Se è vero, infatti, che ad ogni persona è richiesta attenzione e diligenza nei suoi comportamenti, lo stesso deve valere anche per gli enti proprietari degli animali e per quelli proprietari delle strade soggette al transito della selvaggina vagante.

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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