Riflettevo sul Primo maggio, sul lavoro che non c'è, sul lavoro che ci sarà (speriamo…). E sul lavoro che è stato.
E mi è tornato in mente un libro che ho letto alcuni anni fa. Che vi consiglio: perchè è scritto da una donna in gamba, Simona Baldanzi.
Sensibile, attenta, in linea con una generazione, quella dei nati fra gli anni Sessanta e Settanta, che vi si riconosceranno appieno.
Perchè ci racconta di un tempo in cui le madri lavoravano, appunto, con la vestaglia blu. Quella delle operaie della Rifle. Quella di tante operaie. Come mia mamma alle Cantine Serristori. Come le mamme di tanti come me.
Il libro si chiama "Figlia di una vestaglia blu" (Fazi editore), e prende spunto da una ricerca che Simona ha condotto fra gli operai che lavoravano all'Alta velocità nel Mugello.
Questo libro mi è tornato in mente più volte in questi giorni, in particolare quando ho ascoltato e scritto della storia di dieci operai (otto donne e due uomini) della manifattura Almar di Cerbaia.
E poi mi viene in mente un passaggio del film di Paolo Virzì, "Tutta la vita davanti", che negli anni scorsi ci parlava della precarietà sospesa dei call center.
Quando a un certo punto ValerioMmastandrea, sindacalista dei precari, dice: "Mio padre era verniciatore alla Fiat. Quando c'erano le manifestazioni ci portavano anche me, e mi piaceva un sacco, perchè era come una festa: ci andavano tutti e novemila e vedessi come erano belli, forti, allegri, con le tute blu, coi cartelli, gli striscioni. Lì in mezzo anche l'ultimo arrivato si sentiva invincibile: se toccavano uno toccavano tutti".
Non voglio essere nostalgico. La nostalgia è una buona cosa che serve come spunto; è terribile che serve come rifugio.
Rammentiamocele quelle tute e quelle vestaglie blu. Quel lavoro fatto di orgoglio e fiducia nel futuro. Facciamolo nostro: alla riconquista di diritti e di spazi. Di lavoro. Con decisione e semplicità.
Che in un lampo, dopo aver perso il posto di lavoro, hanno perso anche diritti acquisiti come l'accesso alla cassa integrazione e alla mobilità.
Una storia surreale. Che parla di crisi ma non solo. Di diritti saltati, di donne a pochi anni dalla pensione e che adesso la vedono come un miraggio.
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