spot_img
spot_img
spot_img
spot_img
venerdì 23 Maggio 2025
spot_img
spot_img
Altre aree
    spot_img

    Storie lungo la Pesa: un vecchio Mulino e un Tabernacolo. Il racconto di Mèsi Bartoli e Claudio Mastrodicasa

    Due storie sconosciute ai più, nell'ambito del ciclo di conferenze del professor Paolo Pirillo in biblioteca. Dopo le relazioni siamo anche andati... sul posto

    SAN CASCIANO – Una interessante storia locale, sconosciuta ai più, ha chiuso (nella sala “Lucia Bagni” della biblioteca comunale di San Casciano) il quarto ciclo di conferenze di Paolo Pirillo, “Personaggi e luoghi di Firenze e San Casciano”.

    Iniziato il 24 febbraio, venerdì 14 aprile si è concluso con “Paterno. Il Mulino ed il Tabernacolo”. Moderatore lo stesso Pirillo, ricercatori e relatori Mèsi Bartoli (per il Tabernacolo della Madonna dell’Acqua) e Claudio Mastrodicasa (per il Mulino di Paterno, al Ponterotto). Presente anche l’assessore alla cultura del Comune di San Casciano, Maura Masini.

    “Mèsi Bartoli, storica dell’arte, e Claudio Mastrodicasa, architetto – ha detto il professor Pirillo – sono due ricercatori che sono parte integrante di una comunità, ovvero la memoria storica della loro identità di sancascianesi”.

    Con entrambi si è entrati in un magico mondo fatto di storia, antiche tecnologie, luoghi del nostro territorio visti mille volte ma, dopo questa conferenza, conosciuti in modo ben diverso da prima.

    Il Mulino di Paterno

    Claudio Mastrodicasa ha iniziato con un excursus storico architettonico su un bene rilevante, il Mulino di Paterno in via di Lucciano.

    “Il nostro Mulino – ha spiegato ai presenti – vista la scarsità di acqua disponibile era a ruota orizzontale, ritrecine. Altri mulini invece potevano essere a mano, a trazione animale, ad acqua, a ruota verticale con alimentazione dall’alto, a ruota verticale con alimentazione dal basso, a vento”.

    “In sintesi – ha proseguito – gli elementi del nostro Mulino sono: presa o incile (punto di deviazione da un corso d’acqua), gora (canale che convoglia le acque al Mulino), colta (vasca di accumulo ed equalizzazione dell’acqua), ritrecine (ruota orizzontale azionata dalla forza dell’acqua), ruota molitoria (ruota utilizzata per la molitura dei cereali)”.

    “Da specificare – ha raccontato ancora – che in due chilometri e duecento metri, dal Calzaiolo al Ponterotto, nel 1784 sono censiti quattro mulini distinti: Mulino di Paterno, Mulino del Ponterotto, Mulino della Botte, Mulino dei Tiratoi”.

    “Ad alimentare il Mulino di Paterno – ha proseguito – era l’acqua portata dall’opera di presa ben visibile ancora oggi a La Botte, per i sancascianesi la pescaia del “Goli”, con una cateratta all’interno della casetta che regola l’acqua della gora interrata e a cielo aperto. Che prosegue e arriva fino al fabbricato della fornace di Paterno, dove all’altezza del Tabernacolo sparisce”.

    Attraversa la strada e il fosso dei Bossoli, dove si trova la gora sotterranea fatta tutta a mattoni, per portare l’acqua al Mulino di Paterno.

    “Fu nel 1985 – ha ricordato infine Mastrodicasa – quando ero dipendente del Comune di San Casciano e venni chiamato per un intervento urgente sul fosso, che scoprimmo che c’era una struttura murata del 1300”. 

    Il Tabernacolo del Ponterotto (che diventò una cappellina)

    Mèsi Bartoli ha poi descritto il Tabernacolo che si trova nei pressi del Mulino, al Ponterotto, poco prima dello stabilimento della Laika.

    “In origine – ha iniziato – non era una cappellina, bensì un Tabernacolo a cavallo della gora. L’acqua ha un significato molto importante per il Tabernacolo, che fu fatto costruire dai conti Scarampi che acquistarono la tenuta nel 1465 da Luca Pitti“.

    “Il nostro Tabernacolo – ha spiegato Bartoli – in origine era costituito da un ambiente a pianta quadrata con un tetto a capanna. Aperto davanti, su un lato della strada, preceduto da un sagrato piccolo e recintato da una muratura”.

    “Era un Tabernacolo – ha proseguito – come se ne trovano tanti nella campagna toscana, ed era realizzato con una doppia funzione: quella devozionale per gli abitanti della zona e per i passanti; quella propiziatoria contro l’esondazione del torrente che, straripando, allagava i campi circostanti”.

    “Tra la fine del diciassettesimo e l’inizio del diciottesimo secolo – ha ricostruito la storica sancascianese – la proprietà di Paterno passa dagli Scarampi alla famiglia Salviati, che costruisce un agglomerato di case rurali e ingloba all’interno il Tabernacolo, in un edificio a due piani, trasformandolo in una piccola cappella gentilizia”.

    “Davanti all’altare – ha sottolineato – si costruisce un’aula per i fedeli, le due aperture laterali vengono tamponate per sostenere il peso della costruzione soprastante. E si costruisce la facciata leggermente sporgente sulla strada”.

    Siamo nel 1927, “e i documenti – ha proseguito ancora Mèsi Bartoli – riportano la presenza di questo edificio non più come Tabernacolo, ma come cappellina officiata fino agli anni ’60 del secolo scorso. Qui vi si faceva catechismo ai bambini, si ricevevano i sacramenti e venivano celebrati anche i matrimoni”.

    Veniamo ai tempi più recenti: “Dopo circa cinquant’anni di abbandono gli attuali proprietari, Alessandro Bellini e la moglie Elettra, hanno intrapreso un accurato restauro e il recupero degli affreschi. Sotto le varie ritinteggiature, nella nicchia centrale oggi si vede la Madonna con il Bambino seduta su un masso. E, alle sue spalle, si vede l’ansa di un fiume con tre piccole imbarcazioni: ai due lati ci sono San Giovanni Battista e San Lorenzo, sulla volta il Padreterno tra due Serafini. Grazie al restauro è emerso anche lo stemma della famiglia Scarampi, cinque aste rosse in campo giallo e oro”.

    “E sempre grazie alla famiglia Bellini – ha concluso – oggi chi passa può fermarsi ad ammirare l’interno della cappella, sempre aperta e protetta da un vetro blindato. Basta avvicinarsi perché i sensori facciano scattare l’illuminazione dell’affresco, potendolo così ammirare in tutto il suo splendore le opere”.

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

    Sostieni il Gazzettino del Chianti

    Il Gazzettino del Chianti e delle Colline Fiorentine è un giornale libero, indipendente, che da sempre ha puntato sul forte legame con i lettori e il territorio. Un giornale fruibile gratuitamente, ogni giorno. Ma fare libera informazione ha un costo, difficilmente sostenibile esclusivamente grazie alla pubblicità, che in questi anni ha comunque garantito (grazie a un incessante lavoro quotidiano) la gratuità del giornale.

    Adesso pensiamo che possiamo fare un altro passo, assieme: se apprezzate Il Gazzettino del Chianti, se volete dare un contributo a mantenerne e accentuarne l’indipendenza, potete farlo qui. Ognuno di noi, e di voi, può fare la differenza. Perché pensiamo che Il Gazzettino del Chianti sia un piccolo-grande patrimonio di tutti.

    Leggi anche...