Ho un’idea tutta mia su quanto sta accadendo a Gaza. Da babbo. Da uomo. Da appartenente al genere umano. Ovviamente un’idea del tutto personale.
Non mi sembra il caso di parlarne diffusamente qui, su un giornale di territorio. Diciamo che, nella complessità delle cose, mette al centro la vita delle persone. Quali esse siano. La vita.
Il Gazzettino del Chianti, dicevo, dà orgogliosamente spazio alle idee di tutti. Anzi, direi soprattutto a coloro che hanno pensieri opposti ai nostri. Da sempre, da 13 anni il prossimo 10 novembre.
E’ anche questo, del resto, il ruolo (per come lo intendiamo noi) di uno strumento di informazione: ed è un onore poterlo portare avanti, nel rispetto reciproco. Nella nostra totale libertà e autonomia. In quella di chi ci segue.
Facciamo cronaca. Raccontiamo le comunità nelle quali noi stessi viviamo.
E diamo spazio alle opinioni. Di chi le amministra, di chi vi si impegna politicamente. Delle associazioni. Dei singoli cittadini. Sul giornale e sui nostri canali social.
Ed è qui, in quell’universo parallelo dei social network, in particolare Facebook, che facciamo sempre più fatica. Ogni giorno.
Perché in quelle righe di commenti sotto ai post (in questi giorni in particolare quelli sull’attualità, su quanto accade a Gaza, ma potrei citare mille altri esempi) il tasso di maleducazione, di vera e propria cattiveria, è ormai ben oltre ogni livello di guardia.
Si dirà che è la “minoranza rumorosa” delle persone, davanti a una maggioranza silenziosa che non si sognerebbe neanche di scrivere quello che vediamo scritto noi. Ogni giorno.
Fa sinceramente spavento vedere il nonno, che mette l’immagine del nipotino come foto del proprio profilo, e poi inanella, nero su bianco, tali e tante bestialità, offese, concetti violenti, da rimanere straniti.
La signora con il cagnolino in braccio che vorrebbe “bruciarli vivi”.
E via così, in un girone dantesco senza fine. Di offese. Di parolacce. Di bestemmie. Di termini violenti. Diffamatori. Sessisti. Di tutto. In una sorta di dark web ormai alla luce del sole.
Rimaniamo sempre di più, come detto, straniti. Davanti a una cattiveria dilagante. A una violenza verbale che forse non era stata raggiunta neanche ai tempi del Covid. Qui siamo molto oltre.
“Liberalizzati”, in un certo senso, anche dai concetti che vengono diffusi da opinion leader. Talvolta anche capi di stato, guide politiche, sociali, economiche.
Siamo ormai in un territorio che ci porta, ogni giorno, a chiederci se e quanto valga la pena tenerli aperti i nostri canali social.
Per doverci sorbire (e moderare, perché sono casa nostra e certi termini, certi concetti, a casa nostra non possiamo tollerarli) tutto questo.
Qui non siamo più di fronte alle opinioni, che per quanto ci riguarda sono sacre e alle quali diamo (come detto) orgogliosamente spazio; sia sul giornale che sulle nostre interfacce sui social network.
Qui siamo di fronte alla violenza verbale e alla cattiveria.
Di fronte alla quale non possiamo che prendere posizione. E, per quanto è in nostro potere, porre un freno.
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