Una brava persona. Sarà difficile che qualcuno con cui parlate di Mauro Marconcini, che ci ha lasciato oggi, sabato 9 dicembre, ve ne parli in modo diverso.
Esco un attimo dal territorio “di competenza” del giornale, che si ferma proprio ai confini del comune di Montespertoli, per parlare di un uomo che di Montespertoli ha fatto la storia recente.
Era stato uno dei sindaci a cavallo fra gli anni Novanta e Duemila a fare tre mandati (dal 1990 al 2004, un percorso speculare al “nostro” grevigiano Paolo Saturnini): sindaco nel senso pieno del termine.
In un tempo in cui ancora i partiti non erano “liquidi” come oggi. In cui si facevano (come in ogni epoca) errori. In cui però si poteva davvero pensare di incidere con la politica locale. Progettare con tempi lunghi e non solo gestire nell’immediato.
Ho conosciuto Mauro Marconcini nei primi anni in cui facevo questo mestiere (poi ho seguito, fin quando ho lavorato in area-Montespertoli, Antonella Chiavacci e Giulio Mangani): uomo schietto, affabile, mai schivo.
Per caratteristiche umane e politiche forse era più simile a un suo illustre predecessore, a quell’Aurelio Giomi che ho avuto il privilegio di conoscere in seguito, durante la realizzazione di alcuni dvd sui personaggi dei nostri paesi.
Gente schietta, umana di un’umanità mai artefatta. Prima di tutti i social, prima di tutta l’epoca digitale. Sindaci analogici in tempi gloriosamente analogici.
E molto… analogico Mauro era rimasto anche in seguito. Ero nella sua mailing list, e ogni volta che mi arrivava una sua mail mi scappava da sorridere.
Scriveva di tutto in queste mail. Brevi, brevissime. Indirizzate a un po’ di redazioni e giornalisti. Pillole in cui diceva la sua: sull’attualità politica, sociale del nostro Paese. Sulla amatissima Fiorentina.
Con quel suo fare schietto e “campestre” che non potevi non apprezzare. Sembrava di leggerle ascoltando la sua voce, inconfondibile. Un po’ tonante un po’ fioca.
Mi legano tanti ricordi alla “sua” Montespertoli. Anche di quando ero ancora bambino o ragazzo, e non sapevo che lui era il sindaco. Della “sua” Festa del Vino, del pranzo di pesce cucinato dalla mia zia che non c’è più.
Di un paese generoso, fatto di gente semplice. Come Mauro.
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