Non avevamo certo bisogno della controprova, ma l'esumazione dei resti di Pietro Pacciani, avvenuta nella primissa mattinata di mercoledì 17 luglio nel piccolo cimitero di Mercatale, ha confermato ancora una volta che si raccoglie quello che si semina.
L'accortezza dei necrofori ha fatto sì che non ci fosse nemmeno il piccolo esercito di curiosi di ha sempre contornato le vicende del "Vampa": solo il bravissimo giornalista del Gazzettino del Chianti, il nostro bravissimo Antonio Taddei, che ha descritto con grande semplicità l'ultimo passaggio di Pietro Pacciani prima dell'oblio (clicca qui per leggere l'articolo).
Una cassettina di zinco, neanche un parente intorno, il silenzio di un giorno d'estate scandito solo dal rumore delle pale che scavano. I resti di colui che per anni è stato indicato come il principale esecutore dei duplici omicidi del Mostro di Firenze (salvo poi morire incredibilmente da innocente dopo l'assoluzione) pietosamente raccolti.
Uomo terribile, irascibile: ogni mercatalino ha la sua storia del "Vampa", anche se la voglia di parlarne negli anni è finita sotto terra. Ben più in profondità di quanto non fosse Pietro, sepolto sotto una croce di legno e un cumulo di sassi. Quattordici anni in una tomba provvisoria.
Quei resti non li reclamerà nessuno, chi semina vento raccoglie tempesta si dice: andranno a finire nell'ossario comune, e Pietro Pacciani farà la fine di un dimenticato fra i dimenticati.
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