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domenica 6 Luglio 2025
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    Chianti, distretto de facto che attende solo di essere costituito

    La rubrica si prende una settimana di pausa, almeno per come si è presentata fino ad adesso.

     

    Dopo le prime otto uscite con ritratti di personaggi più o meno noti sul territorio e al di fuori di esso, è arrivato il momento di uno stacco, anche perchè il materiale umano è ciò di quanto più delicato si possa trattare e merita i dovuti tempi di “preparazione e cottura”, per dirla giornalisticamente.

     

    Viene bene, quindi, approfittarne per tornare sui temi trattati nel numero zero, che dai giorni successivi alla sua pubblicazione ha suscitato alcuni interessanti scambi di opinioni sullo stesso significato del termine Chianti.

     

    Sono tanti i punti di vista legittimi quando si tratta di definirlo come territorio, proprio per la difficoltà di delineare in maniera univoca la sua identità e i suoi confini.

     

    Il passato più lontano ci consegna un Chianti storico corrispondente ai tre terzieri dell'omonima Lega, gli attuali Comuni di Castellina, Gaiole e Radda in Chianti, punti strategici militari della Repubblica di Firenze nelle battaglie di confine contro Siena nel corso del XIV e XV secolo.

     

    Ma nel Novecento, in forma crescente a partire dagli anni '70, il nome Chianti ha cominciato ad andare in giro per il mondo come denominazione di origine delle sue eccellenze vinicole prodotte, oltre che nel Chianti storico, anche nel territorio di Greve in Chianti e, seppure non intergralmente, in quelli di Castelnuovo Berardenga, sul fronte senese, e di Barberino Val d’Elsa, Tavarnelle e San Casciano Val di Pesa su quello fiorentino.

     

    Una denominazione che registra la sua prima tappa nel 1924 con la nascita del “Consorzio per la difesa del vino tipico del Chianti” e che dovrà integrare, nel 1951, l'attributo Classico per arrestare quel fenomeno di scippo terminologico, a fini commerciali, che ha fatto arrivare la produzione di vino Chianti addirittura fino alle province di Pisa o Livorno, con inevitabili danni collaterali anche sul fronte dell'identità territoriale.

     

    Affacciandosi sulla dimensione della domanda turistica, fenomeno esploso dagli anni '80, diventa poi ancora più arduo stabilire con fermezza dove inizi e dove finisca il Chianti nell'immaginario e nella percezione degli ospiti internazionali.

     

    Le ulteriori distinzioni tra senese e fiorentino legate agli assetti provinciali non sono certo funzionali e non aiutano a fare chiarezza nei confronti di chi è semplicemente alla ricerca di un’esperienza nel tipico paesaggio da cartolina collina+cipresso+vigna+oliveta.

     

    Il fenomeno si mostra, quindi, tutt'altro che semplice e qualsiasi giudizio netto e statico, generato da analisi puriste che, di fronte alle tante sfide e opportunità del presente, vogliano limitare il Chianti ai paletti della storia medievale piuttosto che ai disciplinari di produzione vinicola, appare oggettivamente parziale; soprattutto, non in grado di cogliere e valorizzare la straordinaria complessità del patrimonio e delle potenzialità del territorio “etrusco-romano, poi del Barbarossa e delle lotte fra Siena e Firenze – come scriveva Gastone Canessa nel 1972 – steso nel cuore della bella Toscana, rimasto pressochè intatto per secoli e che tutto il mondo ha sulla bocca perchè sinonimo di bel vino rosso (…) oasi di serena operosità, di bellezze naturali genuine profuse dal Creatore, di ricordi storici mantenuti vivi dalla solerte e attenta attività di custodia degli attuali abitatori”.

     

    Di fronte a tale eterogeneità di approcci e definizioni, c'è un concetto tanto affascinante quanto efficace cui si può ricorrere, quello di geometrie variabili: cioè, il Chianti può essere contemporaneamente più cose, a seconda dei contesti e del tipo di riflessione in atto.

     

    Se, in termini dinamici e concreti, ragioniamo di prospettive di crescita e sviluppo, di condivisione di uno spazio comune “Chianti” nel quale poter affrontare in forma unitaria le strategie di marketing e comunicazione, la programmazione delle politiche turistiche e culturali, i temi della gestione del territorio e delle sue risorse naturali e paesaggistiche o del sostegno che le istituzioni possono dare alle realtà produttive locali, l'ambito ottimale c'è già ed è quello degli 8 Comuni sancito nel 1999 a Pontignano.

     

    Un bacino di oltre 50mila abitanti, quindi anche con un rilevante potenziale politico-amministrativo a livello regionale, che condivide una realtà produttiva e occupazionale basata principalmente sulla produzione vinicola e sulla ricettività turistica, e alti livelli di qualità della vita grazie a una tenuta sociale e ambientale nettamente superiori alle medie nazionali e regionali, nella cornice di uno dei paesaggi più straordinari al mondo.

     

    Se la prospettiva di un’Unione dei Comuni pare ancora ostacolata dall’attuale assetto amministrativo che continua a dividere Castellina, Castelnuovo, Gaiole e Radda, collocate nella seppur depotenziata Provincia di Siena, rispetto a Barberino, Greve, Tavarnelle e San Casciano, facenti parte dal 1° gennaio scorso della Città metropolitana fiorentina, prendiamo almeno atto che il Chianti è già un distretto de facto che attende soltanto di essere costituito.

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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