Situata nel cuore del Mare Nostrum, tra le coste sud-orientali della Sicilia e la Libia, accarezzata dal soffio del vento e baciata dal sole, avvolta tra storia e leggenda, selvaggia e pacata anima verde dell’arcipelago maltese: è l’isola di Gozo.
Ma da dove cominciare a raccontarvi la bellezza di questo lembo di terra che, per certi versi, rimane ancora nascosto, come una piccola perla dentro alla sua ostrica? In effetti, Gozo – Gawdex nella lingua locale – pur facendo parte della Repubblica maltese, è poco conosciuta ai più, forse per le sue piccole dimensioni e per la sua marginalità rispetto all’isola sorella maggiore.
Tuttavia, l’essere un’isola “appartata” e discreta, perdipiù “un’isola nell’isola”, la rendono certamente più preziosa. E ammaliante, come la ninfa Calypso, che secondo la nota leggenda dimorava sull’isola, e che, come narra Omero, trattenne Ulisse con sè per lunghi anni. Forse il nostro primo incontro con l’isola, che per noi, giovani pieni di sogni, di speranze e di energie, fu decisivo, è destinato ad essere come l’incotro tra Ulisse e Calypso.
Alcuni anni fa, dopo aver conosciuto un gruppo di gozitani emigrati in Australia, su loro suggerimento, partimmo per la classica vacanza estiva. Non ci volle molto per capire che si trattava di un posto unico.
Pochi kilometri di terra, un mare cristallino, una natura incontaminata, coste spettacolari e tramonti che semplicemente lasciano senza fiato. Ma a colpirci, fu anche l’accoglienza della gente del posto, il loro calore, le loro vite scandite da ritmi lenti, come se l’isola fosse sospesa nel tempo.
Questo “scoglio”, come molti locali amano chiamarlo, aveva da subito esercitato un’attrazione fatale su di noi. Al punto tale da indurci a fantasticare, ad immaginare una possibile vita lì. Fu questo colpo di fulmine a farci tornare, non più per le ferie, ma per restarci.
In questi sei anni, Gozo non ha mai smesso di sorprenderci. Nei primi mesi trascorsi qui siamo letteralmente andati alla scoperta dei suoi “tesori”, più o meno nascosti: abbiamo esplorato tutte le calette e le piccole spiagge, a volte raggiungibili solo in barca; ci siamo avventurati per mare su barche di pescatori e abbiamo esplorato i grandiosi siti archeologici per assaporare le radici storiche del territorio; abbiamo visitato chiese, musei, ville; ci siamo cimentati nelle immersioni subacquee per poter godere dei ricchissimi fondali marini.
A poco a poco abbiamo imparato a conoscere nuovi aspetti dell’isola, le sue tradizioni, le abitudini della sua gente, la sua cultura che è frutto di una storia di dominazioni lunga e travagliata, i valori condivisi, i modi di pensare e di agire.
E ogni giorno, nel costante confronto tra questa realtà e quella italiana da cui proveniamo, impariamo ad osservare, a riflettere sulle diversità e sui tratti che ci accomunano ai gozitani, a convivere e a rispettarci a vicenda. E anche se non mancano le difficoltà, le più svariate, ci basta guardare il mare calmo, davanti al nostro bar, all’ora del tramonto, per sentirci fortunati. Abbiamo il privilegio di essere qui, in questo luogo avvolto da un’aura magica… .
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