SAN CASCIANO – Una nuova tappa chiantigiana per il viaggio letterario di Massimo Orlandi e il suo volume “La rivoluzione della cura. L’esperienza della piazza del Mondo” (edizioni Romena 2024).
Dopo il successo dell’iniziativa che ha arricchito la mostra “Trieste, incroci di vite”, organizzata a Tavarnelle dalla Confraternita della Misericordia di Barberino Tavarnelle, il giornalista e scrittore sarà a San Casciano, ospite dell’evento promosso e realizzato dalla Fondazione Macinaia con la collaborazione di Plantula Aps e del SAI di San Casciano e il patrocinio del Comune.
Il libro dipana l’esperienza della Piazza del Mondo e dell’attività dell’ associazione Linea d’Ombra in supporto alle persone che transitano da Trieste in arrivo dalla rotta balcanica.
All’iniziativa, che si terrà venerdì 28 febbraio alle ore 21 negli spazi del Cappellone di Sant’Antonio Abate (via San Francesco, 40), prenderanno parte l’autore, tra i fondatori della Fraternità di Romena in Casentino (Arezzo), don Alessandro Santoro, prete operaio (Comunità delle Piagge) e Alessandra Calosi, volontaria della Misericordia di Barberino Tavarnelle.
L’incontro prevede anche una testimonianza proposta dal Sai (Sistema accoglienza integrazione) di San Casciano, con Marco Bruni (Coop.21, Progetto SAI di San Casciano) ed un ospite del progetto di accoglienza.
L’intero ricavato della vendita del volume sarà destinato all’associazione Linea d’Ombra.
IL LIBRO
Il volume racconta l’esperienza della “piazza del Mondo” di Trieste dove si accolgono i migranti della rotta balcanica e dove una donna, Lorena Fornasir, cura loro le ferite dei piedi, martoriate dopo il lungo viaggio da Paesi come Afghanistan, Pakistan, Siria e Bangladesh.
Può bastare un gesto per rimettere in moto la vita di un essere umano.
Nella piazza della Libertà di Trieste, ribattezzata “Piazza del Mondo”, una donna, Lorena Fornasir, cura i piedi martoriati dei migranti della rotta balcanica, in arrivo dopo estenuanti cammini da Paesi come Afghanistan, Pakistan, Syria, Bangladesh.
Insieme a lei e a suo marito Gian Andrea Franchi, gli attivisti dell’associazione Linea d’Ombra e di altre realtà provenienti da ogni parte d’Italia si mettono in gioco, non solo per rispondere alle esigenze primarie di queste persone, ma anche per immaginare, insieme, una società diversa.
Il gesto della cura dei piedi è l’emblema simbolico della “rivoluzione della Cura” evocata nel titolo, come sottolinea Domenico Iannacone, giornalista e conduttore televisivo, nella prefazione del libro: “Lorena – scrive – compie il suo gesto quotidiano con una semplicità e un altruismo disarmanti, scardinando i pregiudizi e le propagande populistiche che alzano barriere e segnano confini. Le sue mani, toccando quei piedi martoriati, ricompongono il corpo sociale dell’umanità. Il suo impegno civile ci riconnette con quella che dovrebbe essere la natura accogliente dell’essere umano. Senza che noi ce ne accorgiamo, questa donna cura anche le nostre ferite, le infezioni profonde della nostra anima, permettendoci di salvarci e, forse, di rinascere come persone nuove”.
“La rivoluzione della Cura” percorre l’itinerario personale di Lorena Fornasir e Gian Andrea a partire dall’inizio della loro attività con i migranti, nel 2015, a Pordenone, prosegue con le loro missioni in Bosnia, e poi si concentra sull’attività nella piazza di Trieste dove ogni sera, dal 2019, Linea d’Ombra e tante altre realtà della società civile italiana accolgono e curano i migranti.
Il percorso del libro si snoda in un susseguirsi di storie e di incontri, mettendo al centro quegli incroci speciali di umanità che avvengono nella “Piazza del mondo” e che mostrano tutta l’energia e la bellezza che possono sprigionare gli incontri tra le persone.
Oltreché raccontare una esperienza di grande valore umano, “La rivoluzione della Cura” vuol dunque mostrare la bellezza di un’umanità che si rigenera nel momento in cui accetta di mettere al centro l’altro, i suoi bisogni.
“Occuparsi dei migranti, accoglierli, permettere loro di andare dove vogliono – dice Gian Andrea Franchi – non è fare semplicemente del bene, ma è cercare di organizzare forme di vita comune che siano basate sul prenderci cura gli uni degli altri”.
La piazza diventa così un laboratorio di futuro, un luogo dove la vita autentica torna a mostrarsi e dove possiamo ritrovare una direzione possibile al nostro desiderio di umanità.
La cittadinanza è invitata a partecipare.
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