GREVE IN CHIANTI – “La scuola dovrebbe dare l’esempio ed accogliere l’errore come parte integrante del percorso di crescita di ogni studente e studentessa”.
Ludovico Arte, sociologo e dirigente scolastico dell’Istituto tecnico per il Turismo “Marco Polo” di Firenze, sgombra il campo da ogni dubbio: “Fallire serve, perché sbagliando si riesce a conoscere la parte migliore di sé. E noi adulti dovremmo smetterla di caricare di troppe tensioni e ansie i ragazzi e far capire loro che è importante accettare le nostre e le loro fragilità, si cade e ci si rialza più forti di prima”.
Parole chiare, incisive e concrete, prive di filtri quelle che il preside, ospite della stagione formativa Semi Educativi, ideata dall’assessore alle politiche educative Giacomo Amalfitano, ha usato per dare forza al proprio intervento “Il valore del fallimento”.
Condividendolo con una platea numerosa e attenta nella sala della biblioteca comunale “Carlo e Massimo Baldini”, dove alcune sere fa è andato in scena il terzo appuntamento della rassegna di incontri formativi Semi Educativi.
Anche questo appuntamento, coordinato dall’assessore Amalfitano, ha registrato un considerevole gradimento da parte della comunità, in termini di presenze e partecipazione alla discussione che ne è seguita.
“Il problema è che c’è tanta paura di sbagliare, tanto disagio all’idea di deludere le aspettative proprie e altrui – sottolinea Ludovico Arte – nell’istituto che dirigo non sono rari i casi di studenti e studentesse che, prima di affrontare un compito o un’interrogazione, si lasciano prendere da improvvisi attacchi di panico”.
“Ci troviamo in un contesto sociale in cui la logica della performance influenza e conduce i fili dello stare al mondo – prosegue – Un sistema non sano, fatto di incertezza, che considera ‘primi’ coloro che hanno successo, tutti gli altri sono relegati al fallimento. E’ necessario invece che ognuno si ponga dei risultati da raggiungere rispetto al proprio cammino, non c’è nulla di assoluto nel percorso di apprendimento degli allievi e delle allieve”.
“Le emozioni, i punti di forza e di debolezza, i successi, i flop – elenca – tutto rientra nella dimensione della quotidianità ed è relativo e connesso alla storia scolastica e formativa di ogni ragazzo e ragazza”.
Il dirigente ha evidenziato che può rivelarsi utile l’esempio degli adulti. “Se ci mostrassimo più fragili – rimarca – i ragazzi potrebbero seguire il nostro esempio, potremmo indicare loro che chi sbaglia in realtà non fa che rafforzare le proprie competenze emotive, quella che dobbiamo imparare a mettere in campo è la partita umana che va giocata sia quando la palla va in rete, sia quando manca la traiettoria e finisce sul palo”.
Ludovico Arte ricopre il ruolo di preside in una scuola che oggi conta 1.500 studenti e studentesse.
“Educare non è certo facile – ammette – sono tante e complesse le variabili cui si va incontro, quando un ragazzo sbaglia abbiamo due possibili strade da imboccare, rimproverarlo o accogliere l’errore. Se lo biasimiamo in modo pesante lo studente vivrà da quel momento in poi il timore di sbagliare, dobbiamo invece aiutarlo a superare la difficoltà e fargli capire che tutti possono avere dei cedimenti”.
C’è un errore che ha segnato la sua vita più degli altri? A questa domanda il preside ha risposto con un richiamo alla propria vita di studente.
“Ho il rammarico di aver completato il percorso universitario troppo velocemente – confessa – ho divorato gli esami, non mi sono goduto le relazioni umane e tutto ciò che gravita intorno a questa importante fase formativa. Il mio errore è stato l’aver adottato un approccio performante”.
E quando il segno di un fallimento è arrivato ha aperto in realtà una nuova prospettiva: “Non riuscii a passare il concorso di diritto per l’insegnamento – racconta – che mi avrebbe permesso di intraprendere un indirizzo giuridico-economico mentre riuscii a superare quello psicosociologico che si è rivelato fondamentale per il mio attuale incarico. Quel fallimento mi offrì dunque l’occasione di svoltare e tracciare una strada diversa, una strada che amo e sono felice di percorrere da dodici anni”.
Soddisfatto per l’esito dell’iniziativa l’assessore Amalfitano: “Con il dirigente scolastico, che ringrazio per il suo interessantissimo contributo, abbiamo riflettuto su una delle tante manifestazioni della malattia dell’anima del nostro tempo, legate alla cultura della prestazione, una pericolosa attitudine che annulla desiderio, libertà di essere, apertura verso l’altro, in un’epoca segnata da ansie, inquietudini, eccessi di soggettività e flessioni dell’umore”.
“E’ fondamentale – conclude Amalfitano – rimettere al centro la carica vitale della fragilità che è una necessaria scoperta di noi stessi, un modo per attivare una dialettica con le nostre debolezze ammettendole e riconoscendole”.
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