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giovedì 25 Aprile 2024
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    Le strategie emotive con le quali rispondiamo all’arrivo dei migranti

    Al di là della situazione nazionale che in realtà non è completamente nota e chiara sulla questione migranti, anche localmente negli ultimi anni/mesi il tema è più volte tornato a far capolino tra i titoli dei giornali locali ed anche regionali.

     

    Qualche settimana si è palrato, su varie testate, delle proteste di alcuni migranti per il cibo ricevuto.

     

    Leggendo è possibile che sia balzato alla mente un pensiero del tipo “Bravi, non siete nemmeno riconoscenti” oppure “se capitasse a me sarei grato mille volte” e siano emerse emozioni come irritazione, rabbia, delusione, e che in qualcuno tutto ciò abbia generato anche del sarcasmo.

     

    Ogni volta che qualcuno viola una regola sociale come ad esempio “si deve essere riconoscenti se ricevi qualcosa da qualcuno”, si prova irritazione, frustrazione e anche disprezzo, è più che comprensibile.

     

    Quindi, si può giustificare o comprendere chi viola una regola sociale come quella citata e che “sputa sul piatto da cui mangia”?

     

    Prima di tutto una premessa, non conoscendo esattamente come sono andati i fatti e se ci sono cause ben più pratiche per ciò che è accaduto, l’intento di questo articolo è quello di portare alla conoscenza che a volte ci possono essere motivazioni anche comprensibili da un punto di vista psicologico di certe reazioni senza entrare nel perbenismo.

     

    La psicologia da diverso tempo conduce studi sui flussi migratori e come questi impattano sulle società che migrano e sulle società che accolgono. Ad oggi esistono anche dei dipartimenti in Italia che si occupano della psicologia dell’immigrazione.

     

    Una persona che arriva da un altro Paese, almeno che non sia per un viaggio di piacere o per lavoro, qualsiasi sia la sua ragione, difficilmente può essere collocata fra quelle positive.

     

    Nel senso che probabilmente la situazione economica, sociale, politica o militare o tutte queste insieme, hanno generato una motivazione più che sufficiente, a volte un vero e proprio atto di sopravvivenza, per abbandonare il proprio paese d’origine.

     

    Sono persone che per arrivare fin qua probabilmente hanno compiuto un percorso tortuoso, faticoso, in molti casi emotivamente traumatico. Non è raro, infatti, riscontrare tassi molto elevati di disturbo post-traumatico da stress.

     

    Altro aspetto da considerare è che in alcuni casi sono persone che viaggiano senza i familiari che sono rimasti nel Paese di origine.

     

    Da un punto di vista psicologico tutto ciò è sufficiente a generare un forte malessere emotivo e problematiche di vario tipo di fronte alle quali ognuno risponde con le strategie che ha.

     

    Strategie di gestione emotiva e non solo, mai o appena sufficienti per affrontare gli effetti psicologici che tali esperienze possono provocare.

     

    Ci si potrebbe chiedere quali sono le strategie ottimali per far fronte a tali vicissitudini, sia da un punto di vista pratico come procurarsi del cibo o dell’acqua per il giorno dopo, sia da un punto di vista psicologico per poter andare avanti, per potersi rialzare dalle perdite subite o per non essere invasi da emozioni molto forti.

     

    Emozioni come rabbia per le ingiustizie subite, tristezza profonda per aver perso qualche persona cara, angoscia da togliere il fiato poichè l’arrivo a destinazione non è garantito, sensi di colpa schiaccianti per aver lasciato qualcuno indietro e paura a causa delle mille minacce incontrate.

     

    Quello che lasciano queste emozioni e situazioni in una persona è qualcosa di difficilmente descrivibile almeno che non si conosca nel profondo il vissuto di chi ha sperimentato certe esperienze.

     

    Le persone affrontano e gestiscono le situazioni e le proprie emozioni in modi molto diversi ma la sofferenza umana di fondo che sia di rabbia, tristezza, angoscia o paura è comune a tutti gli esseri umani.

     

    Questa sofferenza può essere talmente forte che può generare processi psicologici particolari e sfociare in comportamenti considerati “strani” o incomprensibili, ma che acquistano un senso una volta entrati in contatto con quanto l’altro porta con sè.

     

    A volte tale sofferenza può restare sopita, d’altronde una delle strategie di gestione emotiva più conosciuta è l’evitamento, il mettere sotto il tappeto, ed emergere anche di fronte a problematiche considerate superficiali come potrebbe essere un piatto di pasta.

     

    Non è possibile trattare la tematica del fenomeno delle migrazioni dal solo punto di vista pratico ma bisogna porre importanza anche agli aspetti psicologici.

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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