GRASSINA (BAGNO A RIPOLI) – Parlando nel servizio televisivo del TG3 Rai Trentino che lo ha ripreso all’interno degli uffici dell’azienda, Corehab, il trentanovenne David Tacconi presenta con professionalità e competenza i prodotti di questa start up nata cinque anni fa da una sua idea.
E che è presto diventata azienda d’avanguardia di prodotti medicali per la riabilitazione fisica e neurologica, conquistando il mercato internazionale.
Trentino solo di adozione, Grassina ne rivendica con orgoglio le origini in quanto nato e cresciuto in paese da una famiglia grassinese da generazioni. Esempre presente nelle varie attività della comunità.
Fin da studente universitario inizia a viaggiare, guarda, vede, osserva e fa tesoro di queste esperienze.
Felice di usare spesso Il Gazzettino del Chianti per sentirsi più vicino a casa, David ci ha raccontato con piacere quella che è stata la sua storia.
Che lo vede partire per la sua prima tappa diretto in America, esattamente New York attorno all'11 settembre 2001, per fare la sua tesi: “A Trento sono arrivato subito dopo essermi laureato in ingegneria della telecomunicazioni, nel 2003, ottenendo una proposta dalla Telecom, dove però rimasi solo pochi mesi per passare poi a lavorare nell’ambito della ricerca".
"Contemporaneamente seguivo anche un dottorato a Firenze – racconta – Dopo, sempre a Trento, venni cercato da una start up che creava reti Wi-fi gratuite; lì rimasi per tre anni. Fu proprio in quell’ambiente lavorativo che mi venne l’idea di realizzare una start up che mettesse insieme competenze tecniche di ricerca con quelle riabilitative, al fine di migliorare il percorso dei pazienti che hanno subito operazioni".
"La necessità di un percorso riabilitativo continuo l’avevo provata su di me – spiega – quando da ragazzo, durante la mia carriera calcistica nel Grassina, avevo subito vari infortuni”.
“Ne parlai così al mio collega Roberto – dice ancora – che adesso è mio socio e sviluppammo l’idea”.
David parla con competenza e precisione di un mondo tecnologico in continuo movimento, all’interno del quale chi vuole realizzare qualcosa di innovativo deve saper guardare lontano, con una certa incoscienza.
“Siamo molto soddisfatti – ammette – nella compagine societaria oltre a noi ci sono investitori trentini, tedeschi e anche americanii. Oltre a dei collaboratori. Ancora però sappiamo di essere lontani dal poter definire solida la nostra giovane azienda. Diciamo che ci sono i presupposti per essere ottimisti”.
Successi importanti, ottenuti da giovani cresciuti velocemente e con responsabilità, che in questo caso mettono a beneficio della società quella che è la loro preparazione culturale.
Nel mezzo naturalmente David ha trovato spazio anche per farsi una famiglia che conta tre bambini da "gestire" con la moglie, in assenza di nonni.
Il Trentino però… aiuta: “Qui si vive bene, tutto funziona: scuola, lavoro, mezzi pubblici e c’è un grande senso civico diffuso nelle persone. Si conduce una buona vita, abbiamo la possibilità di stare in mezzo alla natura e fare tanto sport. E lavorativamente parlando c’è stata da parte delle istituzioni la capacità di creare infrastrutture di ricerca di livello internazionale e supporti necessari rivolti a chi voglia iniziare da zero una propria attività".
"A Trento – tiene a dire – ho trovato terreno fertile per dare vita alla mia idea. Volevo restare in Italia, anche se sarebbe stato meno difficile andare all’estero per iniziare questo tipo di attività, perché il nostro è il più bel Paese del mondo. E credo fortemente che si debba fare di tutto per conservare la nostra identità culturale e valorizzare le nostre capacità”.
Eccellenze frutto del nostro territorio che ha investito sulla loro formazione, anni spesi con impegno ripagati oggi dalla soddisfazione di essere riuscito a raggiungere un traguardo importante.
David parla di fiducia: “Ho viaggiato dall’America alla Cina, e ho avuto modo di conoscere varie realtà in cui fioriscono aziende di questo genere. E in Italia non abbiamo nulla da invidiare loro”.
Lui abita sulle colline, ma le montagne sono diventate ormai familiari: “Certo che mi manca casa”, risponde quando gli chiediamo se sente la mancanza del nostro territorio.
“Mi manca il Chianti – conclude – e infatti quando vengo mi porto la bicicletta per andare a girarlo, mi manca Firenze e non poter andare allo stadio”.
Evitiamo la domanda se intenda un giorno tornare ad abitare in queste zone, lasciamo aperta… una speranza.
di Silvia Rabatti
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