CASTELLINA IN CHIANTI – Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo questo "reportage" scritto da un nostro affezionato lettore di San Casciano, Luigi Calonaci.
Cacciatore, agricoltore, amante della natura, Luigi ci racconta in modo coinvolgente una parte del nostro Chianti senese. Fra trote, beccacce e… lupi.
Per il sottoscritto ed amici cacciare non vuole certo significare cercare un selvatico da incarnierare, è oltremodo la motivazione di vivere a pieno l'ambiente che circonda il nostro vagare, osservare passato, presente e tutta la natura nel suo insieme.
Da tempo mi ero prefisso di percorrere un territorio nel cuore del Chianti, che ha tanta storia in ogni suo angolo, anche il più remoto. Il percorso sarebbe stato la discesa dell'Arbia in compagnia di amici. S
aremmo dovuti partire nel periodo di luna calante nel mese di novembre, iniziando dalle sue sorgenti, poco più in basso della tomba Etrusca di Castellina in Chianti e raggiungere in un paio di giorni, cacciando, la zona di Montaperti.
Al nostro seguito avrebbe dovuto esserci un cineoperatore, il quale doveva riprendere le bellezze del luogo: la Tomba suddetta, i siti collocati al di sopra sui due lati del fiume, i casali oggi restaurati e quegli ancora completamente abbandonati, è proprio in questi ultimi che vi si legge ancora la storia contadina mezzadrile di un tempo.
Inoltre la macchina da presa avrebbe dovuto immortalare le nostre azioni e quelle dei nostri ausiliari e il tanto desiderato incontro con la Regina dei boschi.
Purtroppo nell'organizzare quella gita dovemmo fermarci perché permessi e altro per fare tutto il percorso debbono essere curati con più calma.
Comunque nei giorni trenta e trentuno dicembre 2015 abbiamo disceso un tratto dell'Arbia, partendo dalla località I Mandorli, fuori Castellina, giu fino la vecchia strada che da Ama in Chianti guada l'Arbia per poi risalire verso Vagliagli.
Ed è stato nel percorrere questo lungo tratto che i nostri sguardi sono continuamente caduti su un tale scempio mai visto prima in nessun altro fiume, perlomeno da noi percorso.
Derivano da questo le seguenti segnalazioni a mio avviso molto rischiose per le popolazioni e le loro strutture, nei centri abitati lungo il percorso del fiume Arbia a valle, dei comuni del Chianti.
Di seguito cercherò di esporre, all'interno diciamo di questa mia cornice, il quadro di quanto il sottoscritto in compagnia dei due amici abbia constatato.
Il lavoro svolto nei secoli dalla mano contadina di quelle famiglie di uomini, donne, vecchi e bambini, dediti ogni giorno a salvaguardare i miseri campi con opere idrauliche di ogni tipo.
Muri a secco interrotti dalle tante scoline, realizzate e pavimentate in pietra per far si che le acque piovane non erodessero la poca terra coltivabile sorretta dai muri. Quelle acque poi, a differenza di oggi, arrivavano nei torrenti senza residui.
Vi erano inoltre le serre o piccole dighe, che oltre alla funzione di convogliare l'acqua nelle gore dei mulini, placavano le correnti durante le piene del fiume.
Oggi tutto il letto e l'ansa del fiume è ricoperto da cumuli di legname ammassati negli anni dalle piene che si sono succedute, piene che comunque non hanno ancora avuta la forza di sradicare la vegetazione presente ovunque nel letto e fuori di esso.
Si tratta di grandi alberi, prevalentemente Pioppi ma anche Salici di varie specie, Ontani e sotto le loro chiome macchia impenetrabile.
Vedendo tutto ciò il nostro pensiero è volato verso quei centri abitati a valle lungo il percorso del fiume, ci siamo detti: se dovesse arrivare in questa zona una delle bombe d'acqua come è avvenuto nell'agosto scorso in Val di Merse, cosa succederà ai centri sopracitati se dalla piena venissero messi in movimento le migliaia e migliaia di tonnellate di questi alberi vivi, ed i cumuli di legna morta accatastata ai loro piedi?
Questa domanda viene di sicuro rivolta al presidente del Consorzio di Bonifica di competenza e un invito va certo fatto ai signori sindaci dei comuni a valle: riunitevi e durante una bella giornata seguite il percorso dell'Arbia da noi fatto.
Sicuramente al vostro rientro muoverete le acque che vi spettano, sperando prima che l'Arbia muova le proprie. Se non sarà così e se in futuro lo spirito del Sommo Alighieri decidesse di rifare un viaggio attraverso gli inferi, fra le fiamme non troverebbe soltanto il Farinata Degli Uberti ancora laggiù a scontare, bensì di piu recente ingresso pure le anime di qualche politico e responsabili di bonifiche ben pagati in vita, che nel loro gozzovigliare non mossero dita per evitare che lungo quell'alveo vi fosse perpetrata ancora una volta la tragedia.
Sono a conoscenza che nel Senese è aperta una discussione sulle ripuliture iniziate in alcuni torrenti e in un tratto dell'Arbia, ritengo che quanto viene osservato da parte del WWF, sia da tenere in considerazione.
Non si può pensare che esistano speculazioni sul recupero del legname di ripa, e tantomeno ridurre l'alveo dei fiumi a sponde quasi desertificate come i canali di bonifica.
Il fiume è e deve rimanere vivo, quindi le opere devono essere di salvaguardia della popolazione e delle cose e svolte con grande capacità selettiva. Il nostro viaggio si completò lasciandoci alle spalle il brutto che avevamo visto e buttando l'occhio sul positivo, le trote che si erano imbucate nei vari tonfi, i resti di una lauta cena fatta dai lupi, forse quegli da noi fotografati prima dell'alba di un'altra mattina in quella zona, la beccaccia che c'era e fortunatamente più scaltra di tre cacciatori e quattro bravissimi Setters.
Luigi Calonaci
di Redazione
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