Questa volta nel mio articolo voglio raccontarvi un’altra storia bella, una storia d’amore, accoglienza, fraternità e aiuto perchè secondo me oggi di questo c’è bisogno.
Semplicemente di prendersi per mano e dirsi: tranquillo, non sei solo, ci sono qua io per te, ci penso io a te e poi, quando tu starai meglio, penserai tu a qualcun altro e consolerai tu qualcun altro dicendogli: tranquillo, ci sono qua io per te perchè qualcuno tempo fa ci fu per me, e poi tu, quando starai meglio, prenderai per mano un altro e gli dirai: tranquillo, ci sono qua io per te, e poi un altro e un altro ancora e un altro, fino a quando tutto il mondo si terrà per mano e tutti noi staremo bene.
Eccovi la storia di Don Massimo Biancalani della parrocchia di Vicofaro a Pistoia, un prete che saltò agli onori della cronaca ad agosto scorso per aver postato sulla sua pagina Facebook una foto con alcuni migranti in piscina, i migranti che lui accoglie e aiuta e che, giustamente, decise di portare in piscina un giorno di agosto e di fargli una foto, una semplice foto come tutti noi facciamo ai nostri figli, amici o parenti e postarla su Facebook per dire a tutti: stiamo bene, guarda, tranquillo.
IN PISCINA – La "famosa" foto che ha scatenato le polemiche estive
Don Milani diceva: "Se voi però avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro".
Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E Don Massimo, parafrasando Don Milani, scrisse sotto al post dei ragazzi in piscina: “Loro sono la mia patria, i fascisti e i razzisti i miei nemici”.
Da lì si è scatenato un polverone, tutti che lo attaccavano in vari modi e addirittura forza nuova andò a controllare se diceva bene la messa, insomma una roba di una tristezza infinita che a mio parere non merita nemmeno un approfondimento.
Da poco Don Massimo ha aperto una pizzeria dove lavorano alcuni dei migranti che lui ospita, in realtà per adesso stanno aperti solo il sabato sera, è un piccolo modo di far guadagnare qualcosa ai ragazzi e allo stesso tempo insegnargli un mestiere e dare contemporaneamente da mangiare a chi non può permetterselo.
Questa notizia a mio avviso invece valeva di essere raccontata e allora ho contattato Don Massimo e lui ha subito e con piacere accettato di farsi intervistare senza peli sulla lingua. Visto che non li ha avuti lui non li avrò nemmeno io e così ecco a voi l’intervista integrale fatta a Don Massimo senza tagli nè aggiustamenti di sorta.
Salve Don Massimo e grazie di aver accettato di parlare con me, iniziamo dalla storia della piscina? Mi racconta in breve cosa è successo?
“La storia della piscina è successa perchè vedere i migranti in piscina infrange lo stereotipo che noi abbiamo di loro, ossia che devono solo stare male e soffrire quando in realtà sono ragazzi di 18 o 20 anni uguali a tutti gli altri, per questo li portai in piscina. Perchè è una cosa normalissima e poi in fondo è solo l’ultima delle cose che ho affrontato, perchè in realtà noi come comunità parrocchiale siamo al centro di attenzioni e controllati da tempo da certi ambienti politici e clericali di destra, ossia da quando abbiamo iniziato a fare delle attività col campo Rom di Pistoia. E abbiamo portato alla luce le loro problematiche e, non ultimo, messo in evidenza le responsabilità politiche, da quando insomma abbiamo messo la nostra faccia sulle loro ragioni, sulla loro storia e cultura. Non ci siamo fermati ai Rom e abbiamo formato un gruppo di persone omosessuali di Pistoia e Montecatini e insieme a loro abbiamo fatto un percorso, un cammino cristiano di contatto con la fede portato avanti in maniera non repressiva ma liberante. Poi, seguendo alla lettera l’appello che Papa Francesco fece nel settembre del 2015 (ossia quello di aprire le porte delle chiese, il Papa disse che le chiese non devono avere le porte chiuse) noi abbiamo aperto la porta ai senzatetto e ai migranti, sia a quelli con la richiesta di asilo sia a quelli senza nell’ottica che tutti vadano accolti”.
LA PIZZERIA – Aperta da poco. Vi prestano servizio anche alcuni giovani migranti
Quanti migranti e senza tetto italiani ospitate attualmente? E dove li ospitate? nella vostra parrocchia?
“Attualmente ospitiamo circa 10 senza tetto italiani, 13 migranti che hanno diritto alla richiesta di asilo e altri 20 migranti che ancora non l’hanno ottenuta e sarebbero altrimenti buttati per la strada allo sbando e senza nessun tipo di aiuto. Li ospito tutti in casa mia, ho la fortuna di avere come parrocchia un ex convento con molte stanze e per questo possiamo farlo, ci stiamo attrezzando sempre meglio per dar loro anche dei servizi igienici sempre migliori e più adatti alla quantità di persone che ospitiamo”.
Come funziona il percorso dei richiedenti asilo? Me lo spiega meglio?
“In realtà il percorso esiste ma non funziona proprio bene. Un ragazzo arriva in Italia e fa la richiesta di asilo politico, subito viene messo in contatto con un’associazione o una cooperativa che si occupa di aiutarlo in questo percorso. Lo preparano a rispondere all’interrogatorio che gli verrà fatto più o meno dopo un anno davanti a una commissione territoriale per conoscere la sua storia, capire da dove viene e perchè e decidere così se ha diritto o meno al riconoscimento dello status di rifugiato. In prima istanza viene riconosciuto lo stato di rifugiato a circa il 30 per cento dei richiedenti. Quelle persone a cui non viene riconosciuto questo stato hanno diritto di avere un avvocato, che di solito gli fornisce la cooperativa che si occupa di lui, e possono fare ricorso chiedendo di poter parlare direttamente con un giudice incaricato di ascoltarli e decidere se le loro motivazioni sono valide o meno. Qui un altro trenta per cento ottiene il riconoscimento. Chi ancora non l’aveva ottenuto aveva diritto ad un appello finale in terzo grado che oggi però Minniti ha tolto. Alla fine di questo iter, sia che abbiano ottenuto lo status di rifugiato sia che non lo abbiano ottenuto la cooperativa li abbandona e li lascia da soli a dover fare tutto. Se hanno ottenuto lo status di rifugiato possono accedere ad un lavoro regolare e magari farsi una vita in Italia, se invece non lo hanno ottenuto vengono abbandonato a sè stessi sul territorio nazionale senza nemmeno la possibilità di cercarsi un lavoro regolare perchè non possono fargli un contratto. Una parte di loro cerca di scappare in altri paesi europei come la Germania, una volta là provano a richiedere di nuovo asilo, spesso però vengono identificati come già giudicati in Italia e rimandati qua poichè vige la regola che devi stare nel primo paese che arrivi, così una volta tornarti qua senza speranza si aggiungono a tutti quelli a cui lo stato non ha riconosciuto l’asilo politico ed essendo senza speranza alcuna di solito finiscono in attività criminali che possono essere al sud maggiormente nel caporalato sfruttati a lavorare in campagna al nero per pochi euro al giorno o al nord con piccoli furti o spaccio di droga abbandonati a sè stessi è difficile imboccare la strada della legalità e dell’onestà”.
Lei ospita circa 43 persone, ma chi paga i costi che immagino non siano pochissimi?
“Li pago io, li paga la comunità, li paga chi ci aiuta e mette qualcosa, insomma paga la comunità. Poi, ovviamente, abbiamo delle regole serissime e severe come è giusto che sia, se qualcuno che ospitiamo delinque, o chiede l’elemosina, o ruba o spaccia è subito allontanato da tutti i progetti”.
Quali progetti fanno da voi?
“Ce ne sono diversi, dall’orto biologico, allo studio della lingua italiana, dalla sartoria alla pizzeria”.
Come si chiama la pizzeria e in che giorni e orari funziona? Quanto costa mangiare una pizza da voi?
“La pizzeria si chiama “La pizzeria del rifugiato”, si trova in Via Santa Maria Maggiore 74 a Pistoia, vicino all’uscita autostradale di Pistoia nei pressi dell’ex Breda e per adesso è aperta tuti i sabati dalle 19 alle 23. Come costi non abbiamo dei costi fissi, chiediamo semplicemente un’offerta libera a chi viene a mangiare, se poi qualcuno non può pagare vuol dire che lo offriamo noi, il ricavato della serata poi viene diviso tra i ragazzi e i senza tetto che ci lavorano, in tutto circa una quindicina di persone a sera”.
Per chi volesse contattare questa meravigliosa comunità e dar loro una mano, anche economica, può contattare Don Massimo a questo indirizzo mail: parrocchiavicofaro@gmail.com.
Concludo questo articolo con un’altra frase di Don Milani: su una parete della nostra scuola c’è scritto grande “I care”. E’ il motto intraducibile dei giovani americani migliori. “Me ne importa, mi sta a cuore”. E’ il contrario del motto fascista “Me ne frego”.
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