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martedì 15 Ottobre 2024
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    Saverio Tommasi ci insegna a essere ribelli… praticando la gentilezza

    Nel mio articolo questa settimana vorrei parlare di due cose con Saverio Tommasi, il suo libro ed il fenomeno degli hater (ossia le persone che insultano) sui social network, ma iniziamo con il libro.

     

    Buongiorno Saverio, grazie per aver accettato di fare questa chiacchierata con me, parlami del tuo libro.

     

    "Il libro si intitola “Siate ribelli praticate gentilezza” ed è una lettera che ho scritto alle mie figlie, Caterina di 5 anni e Margherita di 2. Ovviamente la lettera è un gancio per raccontare delle storie, poichè io sono innamorato sia delle storie che delle mie figlie. E tramite le persone di cui sono innamorato cerco di far passare profumi e storie che ho incrociato a chi leggerà il libro".

     

    Perchè proprio una lettera alle figlie?

     

    "Perchè loro due occupano tanto il mio tempo, sia quello mentale che quello fisico, ma io voglio così bene a loro che il tempo non era abbastanza. E così ho cercato di allungarlo scrivendo loro una lettera, che poi è in realtà un libro che loro, se ne avranno voglia, leggeranno da grandi. Ma ovviamente le mie parole vorrebbero anche prendere un volo maggiore e non arrivare solo alle mie figlie, altrimenti non lo avrei pubblicato e l’avrei tenuto nell’ambito familiare".

     

    Di cosa parli nel libro?

     

    "Di storie, sono storie che ho incrociato, persone che ho conosciuto, si parla di grandi temi provando a raccontare piccoli temi e anche aneddoti da babbo come cambiare il pannolino o portare Caterina a fare la spesa alla Coop. Per esempio racconto di come Caterina si diverta a farmi pagare tutta l’Ipercoop usando il salvatempo quando non la vedo e segnando qualsiasi cosa, se non sto attento lei segna anche i prodotti dei carrelli vicini. Poi, partendo da queste cose, parlo anche di razzismo o di orientamento sessuale, racconto loro cosa non cambierebbe se fossero lesbiche o nere perchè in realtà non cambierebbe davvero niente".

     

    Facciamo uno spoiler? Come finisce il libro? Chi è… l’assassino?

     

    "Non c’è l’assassino perchè non è un libro giallo, però ti dico davvero come finisce il libro. Ma non è uno spoiler perchè un libro per capirlo va letto, vissuto, diciamo che ti posso dire che l’ultimo capitolo riguarda la morte, come nella vita del resto".

     

    Cioè parli della morte?

     

    "Più che parlare della morte cerco di raccontare come io spiegherei la morte ad un bambino, e, nello specifico, come l’ho spiegata a Caterina quando è morto il babbo della sua logopedista e lei mi ha chiesto spiegazioni. Devo dire che è stata molto bella anche la sua reazione alla mia spiegazione perchè alla fine mi ha guardato e mi ha detto: “Si, ho capito, ma quando guarisce?”".

     

     

    E’ vero che hai dato alla tua seconda figlia i nomi di due partigiane che hai conosciuto?

     

    "Sì, infatti la mia seconda figlia si chiama Margherita Laila Didala, senza virgola".

     

    Quindi dovrà ogni volta firmarsi così? Si Ti odierà?

     

    "Può darsi, ma, come mi ha detto un mio amico che ha una figlia adolescente, sarà solo un motivo in più poichè da adolescente ti odierà comunque".

     

    Nel libro ci sono le storie dei tuoi video?

     

    "Sì, in un capitolo ce ne sono alcune ma il libro in realtà parla di altro".

     

    Parliamo un poco dell’odio in rete? Tu ne subisci molto? Che ne pensi?

     

    "Sì, io ne subisco molto e preferirei non esistesse, io provo a non farlo ma in ogni caso ne ricevo a bizzeffe. L’odio in rete serve per attaccare persone e luoghi, come le bacheche social personali, dove le persone che ci circolano hanno idee differenti dalle proprie e con l’odio cercano di minare la loro stima personale".

     

    Su quali post si scatenano di più i tuoi hater?

     

    "Ovviamente sui post in cui parlo di razzismo, di accoglienza e di immigrazione".

     

    Questa cosa ha il potere di creare un danno reale?

     

    "Sicuramente crea un danno perchè chi si avvicina ai miei post per la prima volta rimane colpito negativamente, se poi uno legge e approfondisce si fa da solo un ‘idea e non possono cambiare la percezione di quello che uno fa, il problema è che pochi approfondiscono. Se digiti Saverio Tommasi su Google i primi dieci risultati sono articoli che mi attaccano attraverso storie inventate per esempio".

     

    Come si risolve questa cosa, come la si affronta fattivamente?

     

    "La si affronta spiegando le cose, facendo esempi positivi e comportandosi bene. Spero che anche il mio libro possa servire a non far diventare le persone degli hater. Spero sia una manciata di sabbia che può servire a costruire la spiaggia della tolleranza, a far sì che le persone possano stare, anzichè con le porte sbarrate, con le finestre aperte, aperte al mondo e sugli altri perchè in realtà il razzismo non è un’idea come un’altra, è un’idea che non può viaggiare senza l’aggettivo “pessimo” accanto".

     

    Tu, nella tua pagina o sul tuo profilo personale quante persone banni?

     

    "Io banno in generale un grande numero di persone ma mai per offese o minacce personali, banno solo chi impedisce la discussione insultando pesantemente altri utenti o chi copia e incolla un commento e così risponde a tanti utenti impedendo di fatto la discussione o anche chi, prendendo foto di altri, crea meme".

     

    Quanta responsabilità hanno i social di questo?

     

    "In realtà non penso sia colpa dei social ma delle persone che li frequentano, sarebbe come accusare il bar se ci sono delle rapine, il bar è un servizio e ci deve essere, se poi ci vai a fare la rapina non è colpa del bar. L’unica cosa si dovrebbe solo stare attenti che tutti i bar non diventino dello stesso padrone come invece succede per Facebook poichè Zuckerberg possiede anche Instagram e WhatsApp ed il rischio è che, avendo accesso ad un’infinità di dati, essi possano essere utilizzati anche per fare cose non proprio buone".

     

    Ultima domanda, cosa intendi per praticare la gentilezza?

     

    "La cosa migliore è sempre quella di provare a essere gentili con gli altri, che non significa rinunciare alla fermezza o alla radicalità, è un modo diverso, e migliore secondo me, per provare a interagire con gli altri. Se tu sorridi molto spesso l’altro risponde col sorriso. Anche se gli altri hanno storie diverse dalla nostra c’è sempre un pezzettino di storia che fa da specchio alla propria e allora essere gentili con gli altri significa anche essere gentili con sè stessi".

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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