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sabato 20 Aprile 2024
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    Un libro sulla peste del 1348… che ci trasporta direttamente ai giorni nostri

    Questa settimana desidero parlarvi di un libro, un libro bello che è uscito il 28 settembre scorso, si tratta del libro “La mannaia” di Paola Presciuttini edito da Meridiano zero.

     

    "La mannaia" è il sesto libro di Paola, oltre ai numerosi testi teatrali che via via negli anni ha scritto e che sono stati rappresentati in veri teatri e festival di arte di strada e non, vincitrice del premio San Pellegrino nel 2000 col romanzo “Comparse” e del premio Trotula de Ruggero 2017 nonchè del premio Zeno nel 2017 col libro “Trotula”.

     

    Paola scrive da sempre, Paola si salva e vive nella scrittura, Paola si interroga sulla vita e le sue mutazioni mentre scrive e in ogni romanzo affronta un tema complesso, difficile, se volete destabilizzante ma lei ci si immerge senza paura perchè sa come nuotare fra le parole.

     

    Paola, nel mare di parole, sa quando è il momento di mettere la testa sotto e quando è il tempo di respirare, sa quando si deve nuotare con forza e quando ci si deve far trasportare, sa quando ci si deve affidare alle onde che ti portano dove vogliono loro ma sa anche come sterzare alla bisogna.

     

    Paola, nel mare di parole, sa quando issare la vela e andare controvento fra un mare di virgole che saltellano e punti puntigliosi che stizziti si attaccano ai fianchi o grandi punti interrogativi che però, una volta affrontati, ci si accorge che sono spaventosi solo visti da fuori, dentro sono docili, gentili e amichevoli, non come i punti esclamativi che invece son sempre dritti e fermi ma Paola, davanti a essi, fa finta di crederci e poi devia e così riesce a superare anche i punti insidiosi della navigazione di un libro durante la scrittura.

     

    Paola sa quando tornare sulla spiaggia dai granelli fatti di parola rassicuranti ma anche quando è il caso di passare coi piedi nudi sugli scogli delle parole appuntite, cattive e difficilmente domabili, insomma Paola scrive come si deve scrivere e legge come si deve leggere.

     

    Una scrittrice o uno scrittore che legge molto è merce rara oggi, e Paola appartiene a questa specie, quella che ama davvero le parole e, siccome le ama, spesso le legge e a volte le scrive e quando le scrive è meraviglia leggerle poichè dentro non ci trovate solo le sue ma anche tutte le altre, ci trovate tante parole e tutte messe nella posizione giusta, senza scontentarne nessuna, senza far torto a nessuna parola, a nessuna frase e a nessun segno di punteggiatura, ecco, potremmo dire che nei libri di Paola le parole riposano in armonia e quando le aprite vi chiamano come le sirene chiamarono Ulisse e, come ebbe a dire Leopardi “E il naufragar m’è dolce in questo mare”.

     

    Il libro “La mannaia” parla della peste che flagellò e uccise un terzo della popolazione mondiale nel 1348. Qua di seguito una breve intervista all’autrice.

     

    Paola perchè parlare della peste oggi?

     

    "Perchè la peste è il paradigma della paura dell’altro, del contatto e del contagio, e in un mondo dove incontriamo continuamente nuove culture l’unica via percorribile è quella del coraggio dell’incontro. Nel libro, infatti, gli unici che non vengono contagiati dalla peste sono quelli che non ne hanno paura. Ho iniziato a scrivere questo libro perchè ho visto la peste dei nostri anni da molto vicino, negli anni 90 facevo la guardarobiera in una discoteca gay in cui purtroppo lo spettro dell’aids era sempre presente, ne ho respirato la paura e il desiderio di stordirsi per non pensarci, quando ho letto il prologo del decamerone ho ritrovato lì le stesse emozioni. Quindi ho scritto uno spettacolo teatrale (aids Boccaccio) interpretato da Amerigo Fontani, che si alternava tra la lettura del decamerone appunto e la parte di un barista dei giorni nostri".

     

    Di cosa parla il tuo libro? Puoi raccontarci in breve la trama senza svelarci troppo?

     

    "E’ la storia di una famiglia di macellai, la famiglia Del verro, nei primi anni del 1300 in una Firenze in piena espansione. Il libro si apre con la morte del patriarca che ha voluto intorno al suo letto i tre figli (i cui bellissimi nomi scoprirete leggendo il libro) e, grazie ad un lungo flash back, racconta la sua vita di fatica e duro lavoro nella corporazione dei beccai. La peste arriva improvvisa e porta il racconto su un piano macabro in cui ogni personaggio sarà costretto a esplorare il proprio rapporto con la vita e con le ragioni per le quali sarebbe disposto a perderla".

     

    Ogni tuo libro ha un tema portante, qual è il tema portante di questo?

     

    "E’ un libro sul rapporto con la natura e gli animali, gli animali squartati della macelleria, i topi portatori della peste e l’animalità che è dentro ogni essere umano messo in stato di paura e di allerta per la propria vita. L’altra questione centrale del libro è per cosa siamo disposti a dare la vita perchè durante la peste questa diventa una domanda quotidiana, una domanda che forse noi occidentali non siamo più abituati a porci ma che dobbiamo riconsiderare nel momento in cui veniamo a contatto con fenomeni estremi come per esempio quello del terrorismo. Ogni personaggio infatti, si confronta con questa domanda e deve necessariamente trovare la sua risposta. Ad esempio c’è chi è disposto a rientrare nella Firenze appestata col rischio del contagio per recuperare dell’oro, chi per cercare il marito, chi per brama di sapere e chi invece per nessuna ragione ci tornerebbe mai…noi per cosa saremmo disposti a dare la vita? Dietro questa risposta c’è la motivazione per la quale ognuno di noi vive e si affanna quotidianamente".

     

    Ringrazio Paola per aver risposto ad alcune domande e per averci raccontato in breve il suo libro, invito adesso ognuno di voi ad acquistarlo e a leggerlo perchè davvero un buon libro è un compagno fedele che ci aiuta ad affrontare meglio i quesiti della vita e ad affrontarne le difficoltà e gli inciampi.

     

    Concludo questo articolo raccontandovi un aneddoto di cui è protagonista Paola.

     

    Anni fa, in un’occasione che adesso non ricordo, le feci una domanda sulla scrittura e le chiesi: “Cosa vuol dire scrivere e soprattutto leggere un libro?” e lei mi dette una risposta che considero in assoluto la migliore che abbia mai sentito fino ad oggi, mi rispose: “Scrivere un libro a avere qualcuno che lo legge è come se una persona ti desse il consenso di parlarle piano nelle orecchie per dieci o dodici ore consecutive in un’intimità profonda e silenziosa e allora uno scrittore a cui viene data una possibilità del genere non può certo sprecarla sussurrandole all’orecchio banalità, idiozie o cose scontate. Deve necessariamente sussurrargli tutta la meraviglia che ha, tutti i dubbi, le domande, le risposte che ha trovato e anche quelle che non ha trovato, in una intimità vera fatta di rispetto, attenzione e amore”.

     

    E Paola, signore e signori, scrive proprio così, sussurrandovi storie all’orecchio. Non fatevi mancare questa cosa perchè è una delle cose belle della vita, come i baci, il mare, il cielo, le nuvole e il profondo.

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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