PASSO DEI PECORAI (GREVE IN CHIANTI) – Percorrendo la strada dei ricordi e della trasformazione del nostro territorio, vogliamo ricordare che il Chianti è fatto di bellissimi posti, ma anche di impianti industriali storici.
In un percorso fra “ieri” e “oggi” che abbiamo intrapreso da alcune settimane. Che ci ricorda chi siamo e da dove veniamo.
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Oggi vi vogliamo parlare del cementificio di Testi, conosciuto da tutti come Sacci, ma ora della Buzzi Unicem. Un impianto che è in funzione da prima del ‘900 e che ora rischia la chiusura definitiva.
Ne abbiamo parlato con Palmiero Palmieri, 79 anni, ex dipendente Sacci.
“Ho lavorato alla Sacci per 31 anni, sono entrato nel ’61 e sono andato in pensione nel ’92 – così si presenta Palmiero – Lavoravo in officina, alla manutenzione dell’impianto: ricordo che quando il cementificio funzionava a regime, eravamo circa 140 dipendenti, poi c’era tutto l’indotto, alla fine interessava quasi 300 persone”.
“Sono nato a Vitigliano – ci racconta – tra Greve in Chianti e Panzano, poi mi sono trasferito al Passo dei Pecorai nelle case del cementificio. Ora vivo sempre al Passo, ma col tempo mi sono comprato una casa dall’altra parte della strada. Ho due figli, uno dei quali lavora al cementificio: in questo periodo è in lotta insieme ai suoi colleghi, per avere un minimo di certezze”.
“Quando sono entrato nel cementificio – comincia la sua storia – era un altro mondo rispetto ad ora, dovevamo conquistare tutto. Lavoravamo 6 giorni su 7 e in condizioni molto meno sicure di ora, le riunioni sindacali non le potevamo fare nell’area aziendale, ma dovevamo farle per strada. Non avevamo nessun altro tipo di aiuto da parte dell’azienda”.
“Col tempo – il pensiero va a quei giorni – e con le battaglie portate avanti, siamo riusciti a conquistare il sabato libero, l’investimento nello spaccio e tanti altri piccoli aiuti che hanno migliorato notevolmente le nostre vite e la socialità della frazione”.
“La Sacci ha costruito il circolo, il giardino pubblico – ci spiega Palmiero – i marciapiedi e la chiesa. E poi pensava anche alla loro manutenzione, insieme a noi operai, che dopo lavoro aiutavamo a tenere tutto a modo. Per un periodo pagava anche il biglietto della Sita ai figli degli operai che andavano a scuola a Firenze. Mi ricordo quando c’era la scuola, fatta in un appartamento dentro un condominio, c’erano le poste ed il macellaio: ora non è rimasto niente al Passo”.
“Il picchetto che gli operai stanno facendo oggi – prosegue venendo ai tempi… moderni – serve per due cose. Per far capire che gli operai sono persone, che hanno famiglia e dignità e non possono essere trattati come componenti di una macchina che al momento giusto vengono presi cambiati. O buttati senza nessun diritto”.
“E poi – conclude – perché se tutto quell’impianto dovesse essere definitivamente chiuso, quell’area va bonificata o convertita. E’ inaccettabile che tutto venga chiuso e semplicemente abbandonato, facendo ricadere sulle spalle della comunità, gli oneri di bonifica e demolizione”.
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