Dai forti clamori suscitati dalla presenza in molti istituti scolastici di bambini privi di vaccinazione, ai recenti allarmi sulla diffusione del Meningococco di tipo C fra gli adulti.
Dai bambini non vaccinati potenzialmente in grado di mettere in pericolo altri piccoli immunodepressi, alla campagna straordinaria estesa anche agli adulti avviata dalla Regione Toscana.
La vaccinazione, come ogni tema che riguarda la persona è terreno di scontro, spesso più ideologico che razionale.
Senza entrare nel merito, è forse utile qualche cenno alle numerose norme che a livello giuridico disciplinano la materia, anche per evitare la molta confusione che regna tra vaccinazioni obbligatorie, consigliate, raccomandate e facoltative.
Le vaccinazioni “obbligatorie” riguardano sia bambini che adulti.
I bambini fino a 11 anni, debbono essere sottoposti a quattro tipi di vaccinazione: antidifterica, prevista dalla legge n. 891 del 1939, poi integrata nelle modalità di somministrazione dalla legge n. 166 del 1981; antitetanica, prevista dalla legge n. 292 del 1963, così come modificata dalla legge n. 419 del 1968; antipoliomielitica, prevista dalla legge n. 51 del 1966; antiepatite virale B, prevista dalla legge n. 165 del 1991.
Le vaccinazioni obbligatorie che riguardano gli adulti, sono invece legate all’attività o alla professione esercitata, da cui consegue una particolare sottoposizione al rischio di contagio.
La vaccinazione antitetanica, è obbligatoria per tutti gli sportivi affiliati al Coni, per i lavoratori agricoli, i metalmeccanici, gli operatori ecologici, gli stradini, i minatori, e in generale per tutti coloro che, lavorando in aree esterne o manipolando rifiuti o scarti, possano subire un serio rischio di contagio.
Ugualmente obbligatoria è la vaccinazione plurivalente cui debbono sottoporsi le reclute all'atto dell'arruolamento, così come prevede il Decreto del Ministro della Difesa del 19 febbraio 1997. Lo spettro è ampio, il vaccino plurivalente, ha funzione antimeningococcica, antitifica, antidifto-tetanica e antimorbillo-parotite-rosolia.
Per il Dpr 7 novembre 2001 n. 465, sussiste l’obbligo di sottoposizione a vaccinazione antitubercolare per il personale sanitario, gli studenti in medicina, gli allievi infermieri e chiunque, a qualunque titolo, con test tubercolinico negativo, operi in ambienti sanitari ad alto rischio di esposizione, o non possa essere sottoposto a terapia preventiva, perchè presenta controindicazioni cliniche all’uso di farmaci specifici.
L’obbligatorietà della vaccinazione riguardante gli adulti, è una scelta che consegue alla decisione di intraprendere una certa attività, lavorativa o ricreativa, e non crea questioni giuridiche dal punto di vista del consenso dell’avente diritto e dalla scelta di praticarla o meno.
Più problematica e nota, è invece la questione della vaccinazione dei minori, che contrappone le scelte individuali di alcuni genitori, alle esigenze di prevenzione sanitaria generale dovute all’effetto repressivo del contagio derivante dalla cosidetta “immunità di gregge”.
In Italia l’evoluzione normativa, anche in materia di vaccinazioni, presenta tratti non lineari.
Le leggi tuttora, in parte, vigenti contengono alcuni obblighi e sanzioni per i genitori o gli altri soggetti dotati di capacità verso i minori, che conseguono alla mancata vaccinazione obbligatoria.
L’avvenuta vaccinazione antitetanica, doveva essere obbligatoriamente indicata nei documenti occorrenti per l’ammissione del minore alle scuole dell’obbligo (art. 3-bis l. 292/63), ma successivamente, il DPR 355/1999, pur ponendo a carico del dirigente scolastico l’obbligo di segnalare la mancata vaccinazione, ha escluso ogni conseguenza con riferimento all’ammissione alla scuola.
Nella vaccinazione antipolio si va oltre, poichè il genitore o colui che abbia comunque la cura del bambino è responsabile della mancata osservanza dell'obbligo della vaccinazione, ed “è punito con l'ammenda fino a lire 100.000” (art. 3 l. n. 51/66).
Allo stesso modo, sarebbe soggetto a sanzione amministrativa “da lire centomila a lire cinquecentomila” chi ha l’obbligo di vaccinazione contro l’epatite B e non lo rispetta (art. 7 l. 165/1991).
Le sanzioni indicate dalle leggi però, sono da ritenersi non più in vigore.
Molte Regioni, dopo la riforma del Titolo V della Costituzione operato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 che ha attribuito loro competenze in materia di tutela della salute, hanno emanato propri Decreti e Regolamenti, che non sanzionano più la mancata vaccinazione obbligatoria.
In Toscana, pur dando atto della persistente obbligatorietà delle quattro vaccinazioni sopra indicate, il Piano Regionale approvato con deliberazione della Giunta Regionale n. 823 del 6/10/2014, ha dato applicazione al Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2012-2014, prevedendo nella sostanza, che tutte le vaccinazioni siano da considerarsi soltanto come raccomandate.
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