TAVARNUZZE (IMPRUNETA) – Se n’è andato all’età 83 anni Sabino Giovannoni, tavarnuzzino e grandissimo restauratore italiano.
“La vita di mio marito – ricorda la moglie Gabriella – è ruotata intorno al mondo del restauro degli affreschi e nell’insegnamento di questa nobile arte, non solo in Italia ma in tutta Europa”.
Sabino Giovannoni ha lavorato nelle più importanti opere di restauro, come il primo restauro della Cappella Brancacci negli anni Ottanta: ed è a lui che si deve la riscoperta della straordinaria tecnica di Masaccio e di uno dei suoi capolavori.
Degno di menzione anche il lavoro svolto nel restauro della Leggenda Della Vera Croce ad Arezzo e la rivelazione della grandiosità delle opere del maestro Piero Della Francesca.
Tutto il mondo dell’arte e del restauro lo ricordano con affetto e per le sue capacità.
Come lo ricordano Emanuela Daffra e i colleghi dell’Opificio Delle Pietre Dure: “Ora che sta continuando il lavoro sulla Cappella Brancacci non è possibile non pensare a Sabino, che fu tra gli artefici della clamorosa scoperta, negli anni Ottanta, del colore del Masaccio”.
“Ma a me – sono parole di Daffra – allora giovane funzionaria e studiosa di Piero Della Francesca, resta soprattutto nella memoria l’incontro con lui sui ponteggi della Leggenda Della Vera Croce ad Arezzo, quale prima rivelazione della straordinaria complessità tecnica di Piero e dell’attenzione scrupolosa necessaria ad accostarla con rispetto”.
“L’opificio attuale – si legge ancora – in termini non solo di risultati ma pure di capitale umano, è frutto del loro lavoro (di Sabino e Paolo Nencetti, altro restauratore scomparso in questi giorni). Di questo siamo profondamente grati a entrambi”.
Parole di commozione anche da parte dell’architetto Riccardo Dalla Negra, direttore dei lavori di restauro della Cupola del Duomo di Firenze.
“Ebbi l’onore di avere Sabino nel cantiere della Cupola di Santa Maria del Fiore – sono le sue parole – da me diretto assieme a un comitato di direzione di enorme spessore culturale e scientifico”.
“Lui – ricorda ancora Dalla Negra – coordinava un gruppo di validissimi restauratori e restauratrici; il suo ruolo emerse, giorno dopo giorno, in maniera concreta e consapevole, a lui si devono scelte molto difficili e importanti”.
“Credo che il mondo del restauro – conclude – gli debba dedicare un doveroso omaggio”.
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