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martedì 19 Marzo 2024
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    Il magico Pranzo dei Bifolchi al Santuario della Madonna delle Grazie: il gusto che arriva dal passato

    C'era anche Il Gazzettino del Chianti, domenica 19 marzo, al primo dei due appuntamenti annuali: un rito centenario, cucinano solo gli uomini, le penne rigorosamente... lisce

    SAN DONATO IN POGGIO (BARBERINO TAVARNELLE) – Santuario della Madonna delle Grazie, Pietracupa, San Donato in Poggio: è l’alba quando i primi bifolchi scendono le strette e ripide scale che portano alle “Stanze dell’Opera”, come si legge su un marmo grigio posto all’ingresso.

    Sono solo gli uomini in questa fase a mettere mano in cucina. Dove, sul grande focolare, si concentra il famoso rituale di inizio dell’antico Pranzo dei Bifolchi che si tiene ogni 19 marzo: quello del “capoccia”, per la festa di San Giuseppe (mentre l’altro, che si tiene la prima domenica di settembre, è quello dei “bifolchi” stessi).

    Ognuno ha il suo compito: c’è il fuochista che fin dalle prime ore riempie di legna il camino (per poi seguire per l’intera mattina il fuoco); l’addetto ai tegami antichi, in rame, dove sono cotti i pezzi di carne, di “stracotto”; c’è chi prepara il sugo; c’è l’addetto alle pastasciutta.

    Chi si dedica ai fagioli (un tempo all’uccelletto, oggi in bianco), il cantiniere, e chi apparecchia le tavole.

    Mentre c’è anche chi ha il compito, una volta messi tutti a tavola, di scolare la pasta dai pentoloni, buttando l’acqua nel vecchio acquaio in pietra. Per poi mettere immediatamente le pastasciutte nella teglia e, subito dopo, coprirle di sugo, mischiando il tutto mentre i volontari sono pronti a riempirne le antiche ciotole variopinte, per poi portare ai tavoli. Tutto perfettamente sincronizzato.

    E non è facile mettere a tavola circa quattrocento persone e servirle più in fretta possibile, salendo e scendendo in continuazione anche le ripide scale: perché, vista la grande richiesta di partecipare al pranzo, sono sfruttate anche alcune sale del piano superiore.

    Tra i presenti c’è anche chi è arrivato da Los Angeles, California: sono Saverio e Matteo Posarelli, originari del posto, che vivono negli Stati Uniti ma che non perdono l’occasione di venire due volte l’anno al Pranzo dei Bifolchi.

    Alle pareti si notano foto, in bianco e nero e a colori, di pranzi del passato: “Purtroppo in quella foto, scattata nel 1975 – ci dice Piero – di tutti quelli ritratti oggi siamo rimasti solo in tre. Piano piano non rimarrà più nessuno di noi anziani: però abbiamo tanti giovani che ci seguono, sono le nuove generazioni che continueranno quest’ antica tradizione”.

    Tra le signore indaffarate troviamo anche due consigliere della Fabbriceria, Paola e Silvia, che ci raccontano anche che durante la guerra le madri riuscirono a salvare le teglie in rame dalle scorrerie al Santuario, nascondendole in un pozzo. E’ anche grazie a loro che oggi lo “stracotto” si cuoce ancora come da tradizione.

    All’uscita della Santa Messa, celebrata nel Santuario, incontriamo il presidente della Fabbriceria, Marco Jodice.

    Presidente per raccontare la storia di quest’antica Fabbriceria dobbiamo partire da molto lontano…

    “La Fabbriceria nasce in seguito al riconoscimento quasi ufficiale della Madonna miracolosa di Pietracupa, agli inizi del 1500: qui avvenne il miracolo di un bambino che si mise a pregare davanti al piccolo affresco raffigurante la Beata Vergine delle Grazie, posto su un muro. Era un anno terribile di carestia, il bambino si mise a pregare davanti all’immagine della Madonna perché la famiglia era rimasto senza pane. La Madonna lo rimproverò dicendogli che doveva stare più attento perché il pane c’era nella madia. Il bambino tornò a casa chiedendo alla mamma se c’era del pane, questa rimase meravigliata perché sapeva bene che la madia era vuota. Ma per farlo contento l’aprì, e con grande meraviglia vi trovò del pane. Così, fino a quando ci fu carestia, nella madia non solo di quella famiglia, ma anche di altre, il pane non mancò mai. Tutto ciò si seppe nei dintorni e iniziarono dei pellegrinaggi davanti alla Madonna dove aveva pregato il bambino”.

    Una storia affascinante…”

    Nel tempo l’affresco andava deteriorandosi, così gli fu fatto un piccolo tettino, che però non bastava a salvarlo: decisero quindi di fare una piccola cappellina. I miracoli non si fermarono solo al pane, ma anche a guarigioni di malattie, tanto che iniziarono a portare degli ex voti per grazia ricevuta. Fu così presa la decisione di fare una piccola chiesa: e così nacque la Fabbriceria, che in realtà si chiamava Opera. La Fabbriceria è un’invenzione del Vaticano quando presentò questo genere di organizzazione che riunì sotto il nome di fabbricerie, compresa quella dell’Opera del Duomo di Firenze”.

    Ci sono altre fabbricerie dunque?

    “Erano circa duecento, siamo rimasti in ventisei in tutta Italia, le altre sono tutte “morte” dalla miseria”.

    Questa fortunatamente no…

    “Questa fin che esiste San Donato in Poggio non sarà mai affossata; perché San Donato ha nel cuore questa tradizione e sono tutti interessati a tenerla in vita”.

    Dal 1596 infatti, quando fu posta la prima pietra della chiesa, e in seguito con la costruzione con il contributo dei bifolchi, al termine dei lavori questi iniziarono a organizzare il pranzo…

    “Il primo fu per la Festa della Madonna Immacolata Concezione a settembre. Ma chi aveva messo i soldi chiese di fare un secondo pranzo, e venne stabilito il giorno di San Giuseppe”.

    Pranzi che non si sono mai interrotti da allora?

    “No, se non un anno durante la guerra e poi per la pandemia da Covid-19”.

    Quanti sono i fabbricieri oggi?

    “Sessantuno donne e uomini del paese: tra questi sette nominati dal ministero degli Interni e che amministrano la Fabbriceria”.

    Curiosità?

    “Le donne entrano in cucina solo per lavare le stoviglie, così come le penne devono essere lisce e non rigate”.

    Prima dell’inizio del pranzo il presidente Jodice, nel salutare e ringraziare i presenti, ha auspicato che l’introito della giornata possa essere utile a trovare una somma per dare una migliore illuminazione alla Beata Vergine delle Grazie, incastonata nella tela del 1600 realizzata dal Passignano.

    “Un grazie ai fabbricieri che dedicano la loro esistenza alla manutenzione del Santuario a titolo gratuito – queste le sue parole – mettendo a tavola così tante persone; ma anche durante l’anno pensano alle mille cose necessitano al Santuario. Di questo sono orgoglioso”.

    Presenti anche il sindaco di Barberino Tavarnelle David Baroncelli, membri del consiglio comunale, il consigliere regionale Massimiliano Pescini e il parroco di San Donato don Hervè Mamboveni Mboumba.

    Alla fine, dietro invito, tutti i fabbricieri si sono fermati per un attimo per un brindisi e un applauso (meritassimo) di tutti i presenti. 

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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