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venerdì 26 Aprile 2024
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    Tavarnuzze al Castello, Di Falco: “Ottima edizione, nell’anno più difficile”

    Intervista al direttore artistico che, insieme a tutti i volontari, ha affrontato la sfida in piazza don Chellini

    TAVARNUZZE (IMPRUNETA) – Il castello è smontato. Piazza don Chellini è tornata al 2018 dopo un fine settimana… nel medioevo.

     

    Non rimane che fare un bilancio dell'edizione 2018 di Tavarnuzze al Castello. E chi meglio di Sebastiano Di Falco, direttore artistico, creativo e instancabile, è più adeguato a farlo… .

     

    Sebastiano era un’edizione complicata questa. Si scendeva dalla collina di Montebuoni: come vi siete approcciati?

     

    "La mancanza della Vallombrosina inizialmente non è stato un boccone facile da buttar giù anche perché negli anni passati l’investimento maggiore, a livello economico e di forze, c’era stato proprio per la parte rievocativa della manifestazione che avveniva sul colle. Ci siamo quindi ritrovati a dover scegliere tra due opzioni: la prima era quella di prendersi un anno sabatico cercando di aprire una contrattazione con l’Istituto Diocesano di Sostentamento del Clero (che attualmente gestisce la Vallombrosina) per la gestione degli spazi sul colle di Montebuoni per l’edizione 2019, rischiando però di allontanare le persone che ormai vivono la manifestazione come una tappa fissa all’inizio dell’estate; la seconda, più complessa, era quella di trasportare tutta la manifestazione in piazza perdendo l’ambientazione dove si suppone sia avvenuta l’assedio di Montebuoni. Ovviamente la scelta è ricaduta sulla seconda opzione, con l’obbligo di allestire, cercando di sfruttare al massimo i mezzi a nostra disposizione, la piazza con un impianto scenografico molto importante in modo da ricreare un’atmosfera in grado di far sentire lo spettatore in un’ altra epoca e in altri luoghi".

     

     

    FOTO DI GRUPPO – In piazza davanti al Castello

     

    Quali le difficoltà maggiori e quali, se ci sono state, le opportunità offerte dalla location in paese?

     

    "Svolgere l’intero evento in piazza Don Chellini ha avuto un solo grande aspetto negativo (oltre alla perdita della bellezza della vista che ci offriva la Vallombrosina) il sole cocente. Noi dell’organizzazione dopo cinque giorni tra allestimenti e montaggi vari sembriamo tornati da una settimana a Follonica per quanto siamo abbronzati. Scherzi a parte, l’evento in piazza a livello logistico si è semplificato rispetto a quelli svolti a Montebuoni, dove comunque eravamo nella natura incontaminata con tutti i contro che questa cosa può portare, come la strada sterrata, un impianto elettrico non in grado di sostenere le esigenze di una festa come Tavarnuzze al Castello…".

     

    Alla fine di tutto quale il bilancio che ti senti di fare?

     

    "Direi di poter affermare che nonostante tutto è stato un’ottima edizione. Svolgere la manifestazione nel centro del paese ha fatto sì che chiunque passasse, anche solo per andare a fare la spesa, e vedesse il Castello di Montebuoni in piazza Don Chellini, si incuriosisse e scendesse in piazza di sera per godersi la festa in notturna. Alcuni volontari della Pubblica Assistenza di Tavarnuzze in servizio sabato e domenica hanno calcolato un pubblico di circa ottocento persone per lo spettacolo di fuoco di sabato e quasi 2.000 persone in piedi ad assistere al Palio dei Rioni e allo spettacolo degli Sbandieratori città di Firenze. Visti questi numeri direi che possiamo essere soddisfatti".

     

    AL LAVORO – Per chi pensa che fare il direttore artistico eviti di sudare sotto al sole…

     

    Il paese secondo te sente questo evento? È partecipe? E chi lo vede da fuori? Inizia a venire a seguirlo?

     

    "Come dicevo prima ormai il paese sa che gli eventi estivi, ogni anno, si aprono con Tavarnuzze al Castello ed è molto partecipe. Come pubblico basta guardare le presenze e la partecipazione che abbiamo avuto nelle tre serate. Facciamo invece un po’ più di fatica ad allargare il gruppo dei volontari, che poi alla fine sono quelli che faticano sotto il sole per il facchinaggio e i montaggi vari, anche se mi rendo conto che ogni anno due o tre persone restano "colpite" dalla manifestazione e si uniscono al gruppo. Invece per quanto riguarda il pubblico non tavarnuzzino direi che possiamo dire che pian piano ce la stiamo facendo: noi usiamo molto la comunicazione sui social, e grazie a questa riusciamo a far conoscere la festa anche oltre la… rotonda dell’autostrada. Quest’anno tra il pubblico c’erano persone arrivate da più lontano, come Prato e Empoli".

     

    Come ti immagini il futuro di questa manifestazione?

     

    "Da direttore artistico spero in un grosso incremento di volontari, confido molto nei bambini che oggi vivono la festa e che quindi, crescendo, la sentiranno loro e porteranno la loro vitalità nell’organizzazione. Io dico sempre che sotto questo aspetto dobbiamo guardare a grandi feste con una lunga storia come Il Palio dei Somari di Torrita di Siena o la festa bianco-azzurra di Castiglion Fiorentino, dove da spettatore si capisce quanto il paese senta la festa. Al punto che a partecipare all’organizzazione ci sono quattro generazioni".

     

    QUESTIONE… DI FAMIGLIA – Con la moglie Silvia

     

    Arrivi da Brusciano (Napoli). Vivi nel Valdarno. Ma (anche con tua moglie) partecipi e senti la vita di paese più di un…tavarnuzzino. Come mai?

     

    "Sono cresciuto a Brusciano, uno di quei paesini a nord di Napoli dove per quello che si sente in tv c’è solo Gomorra, e invece c’è un grosso fermento artistico e culturale, segno di rivalsa delle nuove generazioni. È proprio per gli studi in campo artistico, e in particolare in scenografia, che sono arrivato all’Accademia di Belle Arti Firenze, dove ho scelto come docente Massimo Mattioli. Grazie al professor Mattioli sono arrivato a Tavarnuzze, dove nel Teatro Moderno del Circolo Arci decine di neo-scenografi ogni anno muovono i primi passi sul palcoscenico. A Tavarnuzze ho ritrovato l’atmosfera e il calore che solo la dimensione di paese sanno darti, e quindi mi sono sentito un po’ come “adottato” dal luogo. Per questo ho deciso di creare la mia base lavorativa qui. Infatti a Tavarnuzze “Tuttascena” crea le scenografie per molte compagnie fiorentine tra cui Pupi e Fresedde, Teatro di Rifredi e Magnoprog. Tre anni fa fui chiamato da Marco Pistolesi, che allora faceva parte dell’organizzazione e che conosceva le mie esperienze nel Teatro di Strada: da lì mi sono appassionato all’organizzazione di questo evento e, come mi succede spesso, sono finito quest’anno per dedicare due mesi allo studio di tutti i dettagli della festa. Invece abitare a Reggello per noi è la nostra ancora di salvezza: lì abbiamo il nostro angolo di paradiso lontano dal caos e nella campagna incontaminata. Ed è infatti il nostro rifugio quando… le luci di Tavarnuzze al Castello si spengono".

    di Matteo Pucci

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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