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venerdì 26 Aprile 2024
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    L’esistenza di Babbo Natale e il “consulto” nella foresta dai Lingualunga…

    In queste festività natalizie un racconto "a otto mani" dal laboratorio di scrittura sancascianese ci porta direttamente in una foresta, in mezzo a un popolo molto particolare...

    Visto che siamo in piene feste, nel nostro gruppo di scrittura ci siamo chieste se Babbo Natale esista o meno, e ci hanno consigliato di chiedere ai Lingualunga… .

    Così è nato questo raccontino a otto mani.

    Babbo Natale Lingualunga

    Di Silvia Grappolini con la collaborazione di Miriam Bandini, Margherita Nesi e Sabrina Nesi

    Nella foresta di Chissaddove viveva il popolo dei Lingualunga.

    Erano degli esserini alquanto strani: poco più grandi degli scoiattoli, condividevano con essi le piccole tane sugli alberi secolari; vivevano mangiando bacche e funghi del bosco e nella penombra della fitta vegetazione la loro vista si era andata negli anni via via affievolendo tanto che gli occhietti, già piccoli per natura, spesso restavano chiusi per giorni e giorni.

    Avevano però, nelle loro bocche sdentate, una lingua lunga lunga che tenevano arrotolata su se stessa.

    La lingua, che essi usavano per riconoscersi tra di loro e per trovare la strada di casa, aveva la capacità – cosa davvero prodigiosa! – di riconoscere la veridicità o meno delle cose che toccava con la sua punta arrotondata.

    Quando i Lingualunga assaggiavano qualcosa di vero e sincero, la loro lingua si colorava di un bel rosso sgargiante e la bocca si riempiva di un piacevole formicolio.

    Le popolazioni delle città vicine, saputo di questa particolare dote, si recavano spesso nella foresta per chiedergli aiuto a giudicare le cose.

    Così si formavano delle file interminabili di uomini e donne che chiedeva udienza ai Lingualunga.

    Chi portava un quadro del quale voleva conoscere l’autenticità, chi portava un contratto d’affari per sapere se fosse una truffa, chi vi si recava con il marito o la moglie per capire se fosse un traditore o un bugiardo.

    Insomma, i Lingualunga avevano un gran daffare e per questo lavoro eccezionale si facevano pagare in cibi e leccornie di tutti i generi che non potevano trovare nella foresta e dei quali erano golosissimi.

    Una notte al loro cospetto arrivò un bambino. ”Voglio sapere se Babbo Natale è vero, o se è falso come dicono i miei compagni di scuola!”, disse quando fu il suo turno, quasi urlando con rabbia la sua domanda.

    Il Lingualunga che era di turno quel giorno si grattò la testolina pelata e gli disse che purtroppo non poteva aiutarlo: avrebbe dovuto portare Babbo Natale in persona, o perlomeno qualcosa da lui toccata da poco, per poter avere una risposta sicura.

    Il bambino, fatto scansare in malo modo dall’uomo che gli succedeva nella fila dei questuanti, si fece da parte e, sedutosi sotto un albero, si mise a piangere di un pianto dirotto ed inconsolabile.

    Pianse talmente tanto che il re dei Lingualunga nella sua tana sull’albero venne disturbato dai singhiozzi e si affacciò tra i rami per vedere chi fosse a fare tutto quel baccano.

    “Posso sapere perché disturbi il mio sonno, bambino?” urlò dall’alto del suo ramo.

    “Non posso tornare a casa senza una risposta!”, disse il piccolo, “stanotte è la notte di Natale e non festeggerò certo coi miei familiari se quello che dicono i miei compagni è vero: non voglio essere più preso in giro! Anzi… se Babbo Natale è finto, cancellerò questa festa dal calendario!”.

    Re Linguadoro, capendo che ormai non avrebbe più potuto riaddormentarsi, scese dall’albero e chiese al bambino di portarlo in città con lui.

    “Non c’è bisogno di fare tutta questa confusione per una questione così semplice”, gli disse.

    “Faremo così. Troviamo Babbo Natale, poi basta che io lo sfiori con la punta della lingua e ti dirò se è vero o se è un impostore, niente di più facile!|”.

    Il piccolo Marco, rianimatosi, mise re Linguadoro sotto il bavero del suo cappotto e si incamminò verso la città. Durante il tragitto il re si appisolò, ignaro di decorazioni e luci natalizie, mentre Marco pensò e ripensò a dove poter trovare Babbo Natale.

    Si ricordò che nel pomeriggio aveva visto Babbo Natale farsi fotografare coi bambini nel centro commerciale e così vi si diresse sicuro di trovarlo.

    Quando arrivò, vide che le luci erano tutte spente. “Sono arrivato troppo tardi”, pensò desolato.

    In quel momento vide una delle porte laterali aprirsi e qualche persona uscire frettolosa. Notò che una delle figure era vestita di rosso e bianco, e riconobbe una lunga barba candida.

    Vide l’uomo camminare veloce ed entrare in una macchina solitaria, parcheggiata in fondo al piazzale. Lo seguì e dai vetri appannati vide che c’era qualcuno disteso sul sedile.

    Aspettò un po’, indeciso sul da farsi, poi si fece coraggio e bussò forte al finestrino. “Signor Babbo Natale, è lei lì dentro?”, chiese con una vocina timorosa stringendo ancora di più al petto Re Linguadoro, che si svegliò di soprassalto.

    “Ehi, Babbo Natale, mi sente?”.

    La portiera dell’auto si aprì e, da una nuvola di fumo di sigaretta, uscì Babbo Natale borbottando qualcosa circa il bisogno di bersi in pace un po’ di vino. Poi, imprecando contro Marcolino, gli lanciò contro una bottiglia di vino vuota, risalì in fretta sull’auto e chiuse la portiera con un gran frastuono.

    Il re Linguadoro, con l’aiuto di Marcolino, si affrettò a prendere la bottiglia scagliata per terra da Babbo Natale e, tirata fuori la lingua, le dette una veloce leccatina.

    “Falso come una moneta di cartone! Quell’uomo non è certo chi dice di essere. È solo un bugiardo, decisamente un impostore”, decretò all’istante il re con tono sicuro.

    Marcolino stentava a crederci. Tutti quegli anni di letterine e buoni propositi erano stati vani: avevano ragione i suoi compagni di scuola: Babbo Natale non esisteva e lui era cascato in un tranello come uno stupido. Aveva una gran voglia di piangere.

    “Riportami a casa adesso” disse Re Linguadoro, “il mio lavoro è terminato. Prima però devi pagare il mio conto: visto che sono in città, portami a mangiare qualcosa di buono, possibilmente qualcosa con panna e cioccolata” aggiunse Linguadoro speranzoso di ottenere qualcosa da quel viaggio notturno.

    Marcolino si guardò intorno, la città appariva deserta a quell’ora, tutti erano a casa a festeggiare, ignari dell’inganno. Non poteva certo portarlo a casa sua, chissà cosa avrebbero detto i suoi genitori…

    Camminando per le strade deserte, ad un certo punto vide un gruppo di persone intorno ad un piccolo fuoco dentro ad un bidone di ferro. Erano straccioni malmessi e tenevano le mani stese sopra il fuoco per scaldarsi. Ad un certo punto si fermò accanto a loro un’auto e vi scesero due ragazzi vestiti da Babbo Natale.

    Avevano in mano dei pacchetti dai quali tirarono fuori dei panini e dei termos di brodo caldo che distribuirono ai poveretti con piatti e bicchieri di plastica. Chiacchieravano e sorridevano, offrendo cibo a tutti.

    Inebriato dal profumo del brodo Re Linguadoro – era passata da molto la sua ora di cena! – pregò Marcolino di avvicinarsi al gruppetto e di fargliene assaggiare un pochino.

    “Appena appena”, gli disse, “avvicinati… fai in modo che possa assaporare un po’ di quel buon liquido fumante”.

    Marcolino lo accontentò, e il re uscì dal bavero del cappotto seguendo quell’odorino delizioso.

    Nel tirar fuori la lunga lingua però Linguadoro sfiorò senza volere la mano del ragazzo vestito da Babbo Natale. Subito questa si accese di un bel colore rubino e cominciò a pizzicargli come succedeva quando leccava qualcosa di vero ed onesto.

    “Questo sì che è un vero Babbo Natale! Senza ombra di dubbio!”, esclamò soddisfatto.

    Mentre si allontanavano – la strada per la foresta era lunga – Marcolino chiese al re delle spiegazioni. I Lingualunga, era risaputo, non mentivano mai, e il re sembrava il più adatto a spiegargli quell’arcano.

    “Vedi ragazzino”, disse il Re che si era accomodato di nuovo al caldo del cappotto, “non te la devi prendere. Nessuno ti ha detto bugie. Evidentemente non esiste un solo Babbo Natale: alcuni sono veri ed alcuni falsi, e certo non è il vestitone rosso e bianco o la lunga barba canuta a renderli tali, ma l’animo con il quale si avvicinano al loro prossimo e la volontà a comportarsi con vero spirito natalizio”.

    “Direi che puoi lasciarmi qui”, aggiunse il re una volta arrivati al limitare della foresta, “ma nei prossimi giorni puoi sempre tornare e portarmi un dolcetto se vuoi…”.

    “Certo, con panna e cioccolata”, disse Marcolino ringraziando il re.

    Re Linguadoro saltò giù e se ne tornò alla sua tana, e Marcolino si incamminò velocemente verso casa, desideroso di iniziare al più presto il giorno di un nuovo Natale.

    @RIPRODUZIONE RISERVATA

    “Raccontami una Storia” è curata da Sabrina Nesi, scrittrice e insegnante di Scrittura Creativa.

    I racconti sono scritti dagli allievi ed allieve che partecipano, o hanno partecipato, ai laboratori di scrittura organizzati da Sabrina.

    Nei laboratori si imparano tecniche narrative e ci si esercita per trovare idee e spunti per scrivere.

    Sabrina Nesi, curatrice di “Raccontami una Storia”

    Al momento i Corsi di Scrittura Creativa sono tenuti online. Per informazioni scrivere a: sabrina.nesi@lovefromtuscany.com, o chiamare il numero 3341829607.

    Sabrina Nesi è laureata in Letteratura Italiana e ha conseguito un Master in Scrittura Creativa all’università di Siena nel 2006.

    Da allora ha sempre scritto e tenuto vari laboratori di scrittura, collaborando con varie associazioni, tra cui la Università Popolare di Firenze e l’Associazione Il Ponte di Empoli.

    Ha una guida-blog sulla Toscana in lingua inglese: lovefromtuscany.com.

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